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martedì 9 aprile 2013

La corresponsabilità a 5 Stelle

Lo stallo politico e in parte istituzionale nel quale si trova a galleggiare l'Italia da settimane è purtroppo il sintomo di un paese incapace di riformarsi. Già con il governo Monti - nato proprio con lo scopo di "fare le riforme" - era emersa con vigore la voglia di non voler cambiare proprio nulla, nonostante l'oggettiva necessità di farlo. D'altronde, l'aria che tira da anni è molto gattopardiana: promettere di cambiare tutto per non cambiare un bel niente. Alla faccia del cambiamento!

Ecco gli uomini che hanno in mano il destino dell'Italia
Ho sentito dire che nemmeno negli anni del pentapartito è stato così difficile formare un governo. Eppure, va detto che il paese di oggi non è quello degli anni '80. La società italiana è fondamentalmente spaccata e attraversata da tensioni che a tutto spingono tranne che all'unità. Per la prima volta, la maggioranza della popolazione anziché veder migliorare il proprio tenore di vita lo vede peggiorare. Stando così le cose, non è affatto facile assolvere chi ha condotto il paese al disastro in cui siamo. Tuttavia, mi chiedo: è poi così difficile e impossibile perdonare? E' così aberrante mettere assieme le proprie forze per far uscire l'Italia dal pantano economico, sociale e istituzionale in cui l'abbiamo gettata? Non c'è forse una certa corresponsabilità tra tutti quelli che siedono adesso in Parlamento? Cosa facevano i grillini quando non stavano a Montecitorio? Si astenevano proprio tutti? Proprio tutti votavano partiti che non hanno mai avuto ruoli di governo negli ultimi vent'anni? E i suoi elettori? Si tratta di circa otto milioni di italiani.
Nessuno ha mai votato Berlusconi o il partito di Bersani? Sono dell'idea che i cittadini-elettori sono tanto responsabili quanto i partiti nella cattiva gestione della cosa pubblica. Ieri come oggi! 
Capisco che dopo tante delusioni sia difficile ridare fiducia a qualcuno. Ma è altrettanto vero che il rancore non aiuta a nessuno. 

Il Movimento 5 Stelle, il Pd e il Pdl hanno in mano le chiavi per riaccendere il motore di questo paese. Il M5S provi a costruire dentro di sè la cultura della responsabilità di governo e delle istituzioni, evitando ipotesi come la formazione di commissioni parlamentari dove non si sa chi è maggioranza e chi è opposizione. Gli altri due partiti, invece, avendo dato nel corso degli anni scarsa prova di buon governo dovrebbero azzerare le proprie classi dirigenti e mettere in campo volti e pensieri nuovi. Che Bersani insista ancora sull'incarico di governo e Berlusconi voglia ancora sedere al tavolo delle trattative è oggettivamente inaccettabile.


AV 

giovedì 3 gennaio 2013

L'araba fenice: è l'ora del PD?

A poco più di un mese dal voto si delineano, anche se con enorme ritardo, i profili dei partiti e delle coalizioni che si presenteranno alle elezioni.

L'ARABA FENICE

Centro-sinistra (PD + SEL + Socialisti). Candidato premier: Pier Luigi Bersani.

Dopo le deludenti performance del Partito Democratico durante gli anni del governo Berlusconi, Pierluigi Bersani è stato in grado di far risorgere il partito dalle ceneri, riconquistando poco a poco la fiducia degli elettori. Una rimonta sicuramente aiutata dallo spirito di lealtà e responsabilità dimostrato durante l'esperienza del governo Monti, ma anche dagli errori del passato. 
In una fase difficile per l'Italia, caratterizzata da crisi economica, antipolitica e governi tecnici, Bersani ha dimostrato grande tenacia nel tenere assieme il PD, che molti davano per spacciato, costruendo un'immagine di sè responsabile e e in grado di unire.
Fondamentale il passaggio dalle primarie e lo scontro con Renzi, prova questa di un costruttivo spirito di dialettica interna, che ha definitivamente scongiurato l'idea di un PD litigioso e pronto a spaccarsi. Sapendo coniugare le varie anime del partito, Bersani ha inoltre dimostrato credibilità di fronte al suo elettorato, ispirando quindi fiducia come possibile leader. Strategica la scelta di isolare Di Pietro, tenendo invece con sè Nichi Vendola. Buono anche lo smarcamento da una possibile alleanza con i centristi di Casini, il cui risultato sarebbe stato una perdita di identità e soprattutto di voti.
Uno dei nodi più insidiosi è però la scarsa argomentazione e forse poca chiarezza su alcuni temi fondamentali come: riforma del lavoro, liberalizzazioni e diritti civili. Altra insidia prima del voto è anche quella di saper effettivamente amalgamare le anime più radicali della coalizione alla Vendola e Fassina con quelle più centriste e moderate come Enrico Letta. Qualche dichiarazione fuori posto dei primi due potrebbe infatti insidiare l'unità del gruppo e rievocare l'incubo Unione del 2006. Per evitare questi rischi sono necessari un programma forte e chiaro, un leader deciso e una vittoria certa sia alla Camera che al Senato.
Ottimo il presidio costruito nel corso degli anni sui social network (notevole il canale YouTube) così come lo slogan "L'Italia Giusta", con una bella foto del candidato premier che appare molto più deciso e sicuro rispetto ai manifesti in bianco e nero e maniche di camicia di due anni fa, sicuramente più adatte a un cimitero (vedi il confronto sotto). La presenza sui mezzi di comunicazione tradizionali è un pò scarsa, anche se, per non bruciare troppi colpi a più di un mese dal voto, le media relations del candidato premier potrebbero riservare qualche sorpresa nelle battute finali.
Geniale l'invito a pranzo a Renzi (era ora!). Il gesto interpreta lo spirito di cambiamento chiesto da molti nel corso delle primarie, in grado di soddisfare l'anima giovane dei democratici. Un pò come Barack Obama ed Hillary Clinton nel 2008, seppellite le asce di guerra, i due uomini delle primarie si rimettono assieme per vincere ed insidiare il terreno elettorale moderato. Ottima la scelta di tenere lontano dai riflettori i vecchi e ingombranti uomini di partito che hanno invece fatto perdere consensi e credibilità al PD. Sempre ottima la scelta di candidare Piero Grasso, che diventa simbolo di legalità e antimafia, anche se non intaccherà più di tanto il parco voti di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. 
Consiglio: dare più l'idea di essere un movimento, oltre che una forza politica istituzionale e seria, creando eventi all'aperto e in grado di abbracciare la società civile. Attenzione infine a gestire il listino e ai nomi che ci finiranno dentro. L'insidia dei dinosauri di partito è sempre dietro l'angolo e in grado di minare il buon risultato ottenuto finora. Proprio da quei dinosauri sono venuti fuori i guai giudiziari di Lusi, Penati e Tedesco. 

Intenzioni di voto

Partito Democratico 33%
Sinistra Ecologia e Libertà: 6%
Altri di centro-sinistra: 3%

Totale coalizione: 42%

Fonte: Istituto Piepoli 

Link


Confronto tra un manifesto PD del 2011 e l'attuale manifesto per le elezioni 2013
AV

lunedì 3 dicembre 2012

Complimenti a Bersani, ma le primarie non garantiscono la governabilità nel 2013

Incredibile ma vero, a pochi mesi dal voto conosciamo soltanto un candidato premier: Pierluigi Bersani. Dopo la straordinaria esperienza delle primarie, il Partito Democratico e la coalizione di centro-sinistra sono gli unici soggetti dello scenario politico italiano ad avere un proprio candidato premier ed una proposta - ancorché poco definita - di governo del paese. Per il resto, gli altri soggetti politici appaiono più come quegli studenti che a una settimana dagli esami non hanno ancora aperto i libri. Dominati dalla mancanza di chiarezza e dal forte tatticismo, nessuno dei partiti che si candideranno alle prossime elezioni sembra attraversato da una discussione interna come quella che ha portato alle primarie del centro-sinistra. Dalla caserma berlusconiana, ormai in preda alla confusione, al soggetto elettorale di Casini, Fini e Montezemolo (troppo poco rappresentativo dal punto di vista dei consensi), nessuno si sta preparando alle prossime elezioni con  grande serietà, così come richiederebbe il momento. Il fattore Monti ha sicuramente spiazzato tutti ed è il sintomo dell'enorme debolezza in cui è piombata la politica italiana o almeno quella parte di schieramento moderato, liberale e tendenzialmente di centro-destra. 

Intanto, il centro-sinistra italiano si è ricompattato e ha dato prova di unità, ma ciononostante non riesce a superare la tradizionale soglia del 35%. Quello stesso 35% che, sin dai tempi del PCI, è lo zoccolo duro della sinistra italiana. Segno questo, che l'Italia morirà democristiana e che la mancanza di una cosa in stile balena bianca sconvolge ogni pronostico? Può darsi. Intanto Bersani e Vendola, ma anche lo sconfitto Renzi, raccolgono l'entusiasmo e la partecipazione di milioni di cittadini che hanno riscoperto parole come piazza e partecipazione. Mentre, dall'altro lato si brancola ancora nel buio, senza comprendere che di tatticismi si può anche morire. Chi ci guadagna in tutto ciò? Forse la sinistra, ma soprattutto la vera incognita di questa campagna elettorale: Il Movimento 5 Stelle. Sepolta la Lega, l'Idv e in parte il berlusconismo più radicale, Grillo e i suoi fagociteranno, verosimilmente, scontenti ed estremismi di vario genere. 

Complimenti quindi a Bersani, ma ahimè la strada verso un governo stabile e credibile del paese è ancora tutta in salita. Anche se si andasse a votare con questa legge elettorale, il centro-sinistra non sarebbe autosufficiente.

AV

domenica 25 novembre 2012

Dal PD tre esercizi di democrazia




Finalmente anche in Italia hanno imparato a fare le primarie. Non che le primarie di oggi del centro-sinistra assomiglino, anche minimamente, a quelle degli Stati Uniti, ma almeno si è trattato di una consultazione meno farsa rispetto alle precedenti edizioni. Sicuramente, di strada ce ne ancora da fare. Ciò che però è certo è che il Partito Democratico ha sdoganato una tendenza tipica della democrazia partecipativa. 
Ora, si può tacciare il PD di qualsiasi colpa, di inciuci, di non aver fatto nulla o poco contro Berlusconi, di aver chiuso un occhio sul conflitto di interessi, di non saper scegliere tra Casini o Vendola. Tuttavia, un grande merito va riconosciuto al partito di Bersani: il grande esercizio di democrazia dimostrato in tutti questi anni. Il primo esercizio è quello di aver rifiutato l'idea di partito personale, in un'Italia fatta di partiti personali. Il secondo è quello di aver scelto la strada del governo Monti, laddove l'andare a nuove elezioni avrebbe visto con quasi certezza la vittoria di una coalizione di centro-sinistra. Infine, il terzo esercizio di democrazia è quello cui abbiamo assistito in questi giorni ovvero le primarie. Certo, se non ci fosse stato l'outsider Renzi, forse non avrebbero avuto il successo e l'attenzione ricevuti. Ma indipendentemente dai candidati e dai risultati, bisogna riconoscere al PD un diritto, quello di essere stato, in questa difficile stagione politica, un partito degno del suo nome: democratico appunto. 

AV