Visualizzazione post con etichetta fiscal cliff. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fiscal cliff. Mostra tutti i post

domenica 18 novembre 2012

21/12/2012: la profezia dei Maya!

Una scena tratta dal film The Day after Tomorrow
Se i Maya avevano in mente una fine del mondo in senso stretto, forse si sbagliavano. Se invece, come molti credono, la fine del mondo che avevano in mente per il prossimo 21 dicembre è la fine di un ciclo, allora credo che la profezia sia prossima a realizzarsi. Certo, di cambiamenti in questi ultimi anni ne abbiamo visti parecchi: l'uccisione di Bin Laden, l'ascesa della Cina e di altre potenze globali, la crisi dell'euro, il primo afroamericano alla Casa Bianca, le primavere arabe, la caduta di regimi feroci come quello di Gheddafi. Cambiamenti importanti che fungono da preludio a quello che stiamo vivendo in queste settimane. Settimane decisive per gli equilibri mondiali che, come in uno shock che virtualmente si è dato appuntamento il 21 dicembre 2012, potranno rivelarsi determinanti per le sorti del mondo. Tre i fatti determinanti, a cui ne va aggiunto un quarto. 

1) Il "fiscal cliff" americano: se nei prossimi giorni non venisse approvato dal Congresso americano un provvedimento in grado di evitare il precipizio fiscale, l'economia americana rischia di piombare nel caos e di trascinare con sè l'intera economia mondiale. Il mancato rinnovo degli sgravi fiscali, promossi da Bush e poi proseguito anche con Obama, rischia di far schizzare il deficit americano alle stelle;

2) Le tensioni tra israeliani e palestinesi: lungo quasi un secolo, il conflitto che in questi giorni sta prendendo piede nella striscia di Gaza rischia di infiammare l'intera regione e di gettarla nel caos. Il tutto mentre la diplomazia americana non ha più un segretario di stato come la Clinton (che rimarrà in carica fino a gennaio) e il Pentagono risente del duro colpo subito con lo scandalo Petraeus;

3) La nuova Cina di Xi Jinping: con l'elezione del nuovo segretario del Partito Comunista cinese, Pechino si prepara ad affrontare le sfide di un paese che continua nella transizione verso lo sviluppo ormai non solo economico. Il miglioramento degli standard di vita della classe media e la lotta alla corruzione, che questo nuovo segretariato promette di riformare, renderanno la Cina un soggetto sempre più importante anche al di fuori degli scenari economici;

4) La crisi europea: anche se ormai da anni il vecchio continente sente pesare come un macigno sul proprio destino la stretta dei mercati, la ripresa della crisi è ancora lontana. Nei prossimi anni, infatti, l'Europa rischia di impoverirsi ancora di più e di dover rilanciare la propria crescita su nuove basi e su una maggiore integrazione.

Forse i Maya avevano ragione. Ma chi si aspetta terremoti e catastrofi naturali si rassegni.


AV

mercoledì 7 novembre 2012

Four more years.



"Four more years."

Certo rivedere Obama eletto, sentire il suo discorso sull'eguaglianza dei diritti, su quel paese che a sprazzi sembra avvilupato troppo su se stesso, ascoltare il suo "the best is yet to come", il meglio deve ancora venire. Beh tutto questo ha ancora il suo effetto. Così come vedere il tweet più retweettato di sempre, con l'immancabile Michelle. Nonostante la crisi, nonostante le tante promesse non mantenute, l'arte oratoria di Barack Obama riesce ancora a sedurre. Eppure, elettori democratici americani e cittadini europei a parte, l'elezione di Obama non è riuscita a sedurre i mercati internazionali, con le borse europee tutte in rosso e il Dow Jones che oggi ha chiuso a -2,13%. Ma non è tutto. Nella stessa giornata in cui il sogno americano da a sè stesso la sua seconda possibilità, in un "yes we can" atto secondo, le agenzie di rating alzano il cartellino rosso contro gli USA. Se infatti la spesa pubblica americana non verrà contenuta adeguatamente, la prima economia del mondo potrebbe subire lo storico declassamento da parte di Moody's e Fitch. A far scattare l'allarme, la possibilità di un mancato accordo tra repubblicani e democratici sul cosiddetto fiscal cliff, il pacchetto di sgravi fiscali messi a punto dall'amministrazione uscente per rilanciare l'economia del paese e le cui risorse scadranno il prossimo gennaio. Dove Obama troverà le risorse per rifinanziare un nuovo eventuale pacchetto di aiuti resta un mistero. D'altronde, l'economia (assieme alla politica estera) sono sempre stati il tallone d'Achille di Barack. Quel che è certo è che a poche ore dall'elezione del suo presidente, la finanza americana sembra battere cassa anche nei confronti della madre patria. E' il segno questo che ormai non si tratta più di finanza americana o inglese ma di una finanza globale con sede legale negli States o nella city londinese. Una finanza fluida e immateriale, ma soprattutto in grado di influenzare pesantemente le scelte del congresso americano così come quelle del parlamento britannico e in parte quelle di Bruxelles. Una finanza ormai a briglie sciolte e in grado di rovinare la festa del resuscitato sogno americano.

Se il buongiorno si vede dal mattino, il secondo mandato di Obama non sarà affatto una passeggiata.

AV