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martedì 20 novembre 2012

Bocciata la comunicazione dei governi europei

Mancanza di chiarezza e di credibilità da parte dei governi nel comunicare la crisi dell’euro: è questo il pesante giudizio che emerge da un recente sondaggio online condotto sui comunicatori di 23 paesi da Infinite Latitude rete globale di agenzie di Relazioni Pubbliche, di cui fa parte Competence come rappresentante italiano del network.

Su circa 100 professionisti operanti in aziende e in agenzie di consulenza, l’81% ha dichiarato che i governi non sono stati in grado di comunicare in maniera credibile un percorso chiaro verso una soluzione alla crisi. Allo stesso modo, il 77% dei comunicatori intervistati sostiene che i governi non sono riusciti a presentare una visione chiara di come sarà l’Europa del futuro dopo la crisi.

Questa indagine internazionale che abbiamo svolto online tra comunicatori che lavorano in azienda o nelle agenzie – commenta Lorenzo Brufani, General Manager di Competence – ci indica chiaramente come i governi e le autorità europee purtroppo non sappiano comunicare con chiarezza ed efficacia alla gente le cause che sono alla base della crisi europea. È la palese dimostrazione di come le istituzioni non abbiano saputo impostare delle iniziative di comunicazione in grado di spiegare in modo semplice e pratico quali soluzioni intendano adottare per uscire dalla crisi e veicolare in modo positivo quella che sarà l’Europa del futuro.”


I risultati parlano chiaro ed esprimono giudizi molto negativi: in una scala da 1 a 5, il punteggio medio assegnato sulla capacità di comunicare le cause della crisi è di 2,3, così come la capacità di comunicare una soluzione alla crisi è 1,8 e addirittura a 1,72 quando si tratta di valutare quanto i governi abbiano veicolato una immagine chiara su come dovrebbe essere l’Europa unita del futuro, dopo la crisi. 


Alcuni dei risultati emersi dal sondaggio

Sembra quindi che i duri provvedimenti che molti governi europei hanno dovuto imporre ai propri cittadini vengano vanificati dagli scarsi sforzi di comunicazione messi in campo. 
D'altronde, sacrifici di tale entità andrebbero giustificati con obiettivi chiari e di lungo periodo. Obiettivi che devono necessariamente rimandare ad un guadagno futuro di gran lunga più consistente rispetto alla rinuncia presente. Non aver spiegato le misure prese in questa chiave è un errore che si sta già ritorcendo contro gli esecutivi europei.

Per maggiori info clicca qui

AV

venerdì 16 novembre 2012

#Bechoosy

Care aziende e cari recruiter,

Noi siamo choosy. E lo siamo per scelta.
Ma questo non vuol dire che siamo schizzinosi, anzi: non abbiamo mai lesinato gli sforzi per racimolare qualche soldo durante i nostri studi, abbiamo servito ai tavoli dei ristoranti, spinto carrelli durante l'estate, fatto migliaia di telefonate nei call-center. E questo mentre studiavamo alle scuole superiori, e poi molti di noi proseguivano all'università specializzandosi in lettere, economia, filosofia, ingegneria, comunicazione, lingue e tante altre materie dai nomi altisonanti. Continua a leggere.

martedì 20 settembre 2011

La crisi europea dei debiti? Siamo governati da inetti!

Caricature: Trichet, Sarkozy, Berlusconi, Merkel e Barroso


Il rischio default per la Grecia sembra aleggiare sempre più come uno spettro sul vecchio continente. Uno spettro simile a quello che per secoli ha caratterizzato la vita dell'Europa, scrivendo le pagine più buie che la storia dell'uomo ricordi. Se la Grecia dovesse fallire, e con essa Italia e Spagna, e se vi fosse la scellerata possibilità del crollo dell'euro, credo che potremmo dichiarare non soltanto il fallimento economico ma anche quello morale del nostro continente. Un fallimento la cui responsabilità ricadrebbe come un macigno sulle nuove generazioni. Verrebbe da chiedersi cosa sarebbe l'Europa senza l'euro. Ma bisogna anche domandarsi, cosa sarebbe l'euro senza l'Europa. L'Europa della BCE e delle finanze senza un'Europa politica è pura follia, è scelleratezza, è la genesi di quanto stiamo vivendo oggi. Un governo di tecnocrati non più in grado di fermare la speculazione dei mercati messa in azione dalle agenzie di rating e che avanza minacciosa, come un tempo facevano i tank nazisti. 

C'è chi sta lanciando in queste ore l'idea degli eurobond - tra cui l'ex presidente della Commissione europea Jacques Delors, come dichiarato in un'illuminante intervista pubblicata su corriere.it. Eppure, l'Europa continua a mostrare il suo fianco scoperto. Forse nemmeno gli eurobond potrebbero bastare se i mercati continueranno ad oscillare così vistosamente come hanno fatto nelle ultime settimane. Il fatto è che qui non si tratta più di debiti pubblici, di spread tra titoli di stato e Bund tedeschi che si allarga o di cattiva gestione della macchina comunitaria. Il fianco scoperto dell'Europa è ormai l'attuale classe politica che governa l'intero continente, a cominciare dal nostro presidente del consiglio. Cinica, impreparata e sostanzialmente debole, giorno dopo giorno la nostra classe dirigente europea sta consegnando alla speculazione finanziaria, l'intera Europa, stato per stato. 

Duole dirlo, ma da Parigi, a Berlino, passando per Roma e Madrid, siamo governati da inetti. Difficilmente usciremo dal perverso tunnel della speculazione in cui ci siamo cacciati con questi tizi qua!

AV

lunedì 11 luglio 2011

E' ufficiale: siamo sotto attacco!

I ministri delle Finanze di Italia, Spagna e Germania alla riunione dell'Eurogruppo di oggi a Bruxelles.
















"La forza militare non conta piú. Hedge fund ed agenzie di rating prendono il posto di panzer e baionette. A determinare ascesa e caduta di uno stato è la salute dei suoi conti". 

Queste parole sono state scritte poco più di un anno fa in un post da me pubblicato in occasione della crisi del debito greco (leggi il post). Oggi che la speculazione dei mercati finanziari sta colpendo Italia e Spagna quelle parole sembrano risaltare con ancora più forza agli occhi di chi le legge. La parola attacco, mutuata dal linguaggio bellico, domina ormai la realtà dei mercati. Un campo di battaglia nel quale si delinea in maniera netta la possibile ascesa e caduta di uno stato o di un sistema di stati come l'Unione Europea. 

Con l'entrata nel mirino delle famose agenzie di rating di stati come Italia e Spagna (la terza e la quarta rispettivamente economia dell'eurozona) ci troviamo di fronte ad un gioco - quello della speculazione - potenzialmente in grado di far saltare la moneta unica e quindi di destabilizzare l'intera economia continentale, se non mondiale. I gravissimi rischi che corriamo in queste ore non sono infatti legati al semplice ribasso dei nostri titoli di stato, il cui spread rispetto ai Bund tedeschi ha toccato oggi i 280 punti per l'Italia e i 300 per la Spagna. I gravi rischi su cui tutti devono interrogarsi riguardano anzitutto la possibilità che il default  del nostro paese o dei cugini iberici possa tirarsi dietro l'intero continente e quindi decenni di integrazione economica e monetaria. Infatti, se questa macelleria finanziaria dovesse continuare l'euro potrebbe essere davvero a rischio. Di fronte a tutto ciò e al di là degli errori commessi dalle pigre economie dell'Europa mediterranea, in grado di generare solo spesa pubblica, crescita bassa ed elevati tassi di corruzione, l'Europa non può assolutamente permettersi di perdere la moneta unica. 

Sappiamo bene che è necessario un mea culpa. Che i fautori di questo stato di cose sono sistemi sociali e politici molto diversi dai virtuosi stati del nord Europa. Tuttavia, permettere che il fianco scoperto del debito pubblico possa lasciar gioco facile a chi semplicemente alzando una cornetta fa andare giù a picco interi mercati è davvero troppo. Soltanto oggi, Milano ha perso quasi il 4%, e questo nonostante le dichiarazioni rassicuranti fatte oggi dalla cancelliera Angela Merkel sulla nostra manovra finanziaria, in discussione in questi giorni in Parlamento. 

Ora, al di là dei festeggiamenti di rito, nei 150 anni di questa nazione il vero regalo sarebbe poche parole e molti fatti. Il silenzio di questi giorni del nostro premier sembra andare nella giusta direzione. Vediamo quanto dura. 

AV

martedì 11 maggio 2010

La crisi greca: speculazione, ottimismo e conflitti d’interesse

Mi chiedo se i 750 miliardi "salva euro" di BCE ed FMI dello scorso maggio siano serviti a salvare il vecchio continente dal baratro.
Nel 2008, all’indomani della crisi dei mutui americani, si parlava di qualcosa di simile alla crisi del ‘29. Da un lato si annunciava la morte del capitalismo, mentre dall'altro c'era chi confidava ancora nella tenuta del sistema. La crisi si vince con l'ottimismo, il sistema reggerà, ci siamo sentiti ripetere per mesi da un Silvio Berlusconi, che ha fatto della parola ottimismo la sua ricetta anticrisi. Oggi sappiamo - spesso sulla nostra pelle - che parole come ottimismo o amore non ci danno un nuovo posto di lavoro né ci permettono di portare il pane a casa. Sono trascorsi due anni e ancora attendiamo la ripresa. Vertici internazionali, dichiarazioni, ma anche molta improvvisazione, poca Europa e un’America sull’orlo del baratro, con la Cina che si prepara a tenere le redini dell'economia mondiale. Mi ricordo che sin dall'inizio della crisi ci veniva raccontato che questa si sarebbe presto trasferita dalle banche all’economia reale, che i consumi privati sarebbero calati e che ci sarebbe stato il taglio di qualche posto di lavoro. Poi tutto come prima.
Nessun Keynes contemporaneo ha voluto invece richiamare alla pubblica attenzione la presenza di una fase intermedia: la crisi della finanza statale. Presto, la Grecia diventa l’agnello sacrificale. Nessuno ce l’aveva mai detto, nessuno ci aveva avvertito. Cosí come, prima del 2008, nessuno aveva lanciato l’allarme su quei mutui. Pronto, dietro l'angolo, si aggira lo spettro della speculazione finanziaria. Obbiettivo: attaccare la finanza pubblica, nervo scoperto di molti stati europei. Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia e Grecia finiscono nel mirino.

La forza militare non conta piú. Hedge fund ed agenzie di rating prendono il posto di panzer e baionette. A determinare ascesa e caduta di uno stato è dunque la salute dei suoi conti. Agenzie come Standard&Poor’s che, nonostante i clamorosi errori di valutazione nei confronti di Parmalat e Lehman Brothers alla vigilia del loro colossale crack, riesce ancora ad ottenere credibilitá internazionale. Una credibilitá che le permette di giudicare il debito pubblico di Atene come “junk”, spazzatura, facendo cosí piombare i mercati nel panico. Generando episodi di distruzione e morte, di guerriglia urbana. La scorsa primavera, sono in tre a morire soffocati all’interno di una banca a causa di un incendio provocato da alcuni manifestanti ad Atene. Per non parlare di Moody’s, altra agenzia di rating, che nello stesso periodo ha messo sotto accusa i conti pubblici di altri paesi europei, Italia inclusa. Una valutazione, quella di Moody’s che costerá alle borse del continente ben 183 miliardi di euro di capitalizzazione in un solo giorno. Si tratta di veri e propri attacchi da parte di soggetti in conflitto d’interesse, visto che nel capitale di molte agenzie di rating figurano quotazioni in aziende i cui utili dipendono dalle loro valutazioni di mercato.
E sono proprio i conflitti di interesse che stanno affossando gli equilibri di stati, regioni, forse dell'intero sistema internazionale. Pensiamo all'Italia e a dove ci ha portato il problema dei numerosi conflitti di interessi.

Insomma tra personaggi politici ed agenzie di rating, siamo messi molto male. Adesso, attendiamo ottobre ed una nuova puntata della crisi economica.

AV