Visualizzazione post con etichetta UK. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta UK. Mostra tutti i post

domenica 5 febbraio 2012

The Iron Lady

La locandina del film The Iron Lady
In questi giorni è nelle sale cinematografiche il film The Iron Lady, con la bravissima Meryl Streep nei panni della Lady di Ferro, come venne battezzata l’ex premier britannico Margaret Thatcher dai sovietici. Prima donna premier nella storia del Regno Unito, la Thatcher è una delle figure più controverse dell’Europa postbellica. I suoi detrattori l’hanno sempre accusata di ultraliberismo, di aver messo in campo politiche a vantaggio dei ceti più abbienti e di aver usato il pugno duro contro le fasce più povere. E poi l’asse con il presidente USA, il repubblicano Reagan, che fece dei due i campioni del neoliberismo cinico in quegli anni ’80 in cui l’Italia macinava debito pubblico che sarebbe costato caro alle attuali generazioni. Eletta nel ’79, la Thatcher si fece carico di un paese disastrato dall’inflazione, dalla crisi petrolifera degli anni ’70, e pervaso dai continui scioperi dei sindacati. The Iron Lady diede il via ad una stagione di riforme che fino ad oggi incidono positivamente sulla vita dei cittadini di Sua Maestà. Liberalizzazioni e privatizzazioni massicce, ma anche la riforma di servizi pubblici come l’NHS, il servizio sanitario nazionale inglese, un modello di sanità pubblica efficiente. Persino il laburista Blair, dopo quasi 20 anni di governo conservatore (Thatcher-Major), si guardò bene dallo stravolgere le riforme “thatcheriane”.

Eppure, quelle riforme non furono indolore. Proteste, attentati, scontri, feriti e vittime. Anche se in condizioni diverse, l’Italia di oggi ricorda un po’ l’Inghilterra degli anni ’80. Un’economia stagnante, un paese vecchio e fatto di privilegi dai costi insostenibili. Manca il coraggio di crescere ed essere competitivi. Le famose liberalizzazioni con cui tutti si riempiono la bocca da anni, nessuno vuol farle. Non si possono scontentare le categorie che si trincerano dietro il loro status quo mentre il Titanic affonda, altrimenti alle prossime elezioni non ti votano. Per fortuna, abbiamo un governo che non deve farsi rieleggere, l’unico in grado di avere il coraggio sufficiente per mettere in campo quelle dure riforme, che tanto malcontento generarono nel Regno Unito. L’attuale governo è stato chiamato per svecchiare il paese, per salvarlo dal baratro del debito pubblico, per ammodernarlo, e le liberalizzazioni fanno parte di questo processo. Chi oggi si oppone alla loro realizzazione è un nemico della libertà – come ci suggerisce la stessa radice della parola. Libertà di comprare un servizio piuttosto che un altro, libertà di scegliere al prezzo a me più conveniente, libertà di avere tutti le stesse opportunità. E perché no, libertà di poter cambiare lavoro, anche se ciò deve essere il frutto di una libera scelta e non della scadenza di un contratto. Per fare tutto ciò bisogna però avere coraggio. Il coraggio di non ascoltare i lamenti del malato mentre gli si somministra l’amara ma necessaria medicina. È un coraggio necessario. Un coraggio che capì bene Margaret Thatcher e quanti all’epoca la votarono per ben tre volte come leader del loro paese. Alla fine il malato inglese guarì. E questa è storia. 

AV

sabato 31 dicembre 2011

Ma è così sporca la lobby?

Il Congresso americano a Washington
Ormai da qualche tempo la parola lobby è entrata di diritto a far parte del nostro vocabolario. Ma quanti sanno cosa significa questa parola di origine anglosassone vista spesso come qualcosa di sporco e negativo?
Il dibattito sull'etimologia del termine è molto acceso. C'è chi fa derivare il termine dal latino medioevale lobia ovvero loggia; altri la fanno risalire all'Alto-Tedesco lauba, che significava deposito di documenti; infine, in epoca più recente, il termine lobby è servito ad indicare l'anticamera del Parlamento inglese in cui i deputati d'oltre Manica ricevevano vari gruppi di pressione. E' quindi con quest'ultima accezione che il termine lobby è entrato a far parte del vocabolario comune. In realtà per lobby si intende qualsiasi gruppo organizzato in grado di esercitare pressione presso le istituzioni per la tutela dei propri interessi. Più propriamente si intende la pratica del lobbying come rappresentanza legittima dei propri interessi. Chiunque, insomma, può fare attività di lobbying, un'associazione, un'impresa o un ONG, purché rispetti la legge. Ecco un esempio per capire meglio cosa si intende per rappresentanza dei propri interessi. Se per assurdo, il Parlamento italiano stesse per varare una nuova legge che proibisce la vendita di cioccolata al fine di tutelare la salute dei bambini, le aziende che producono cioccolata si organizzerebbero per far sì che quel provvedimento non passi in Parlamento. Per farlo dovrà esercitare il proprio potere di persuasione, facendo pressione sul legislatore e convicendolo dell'inutilità di quella legge. In questo modo, l'impresa sta tutelando i propri interessi legittimi e cioè produrre cioccolata e non vedersi costretta a chiudere bottega. Il caso è estremo perchè ci sarebbero altri interessi in conflitto, quello della salute pubblica, per esempio, che formalmente ispira e legittima il provvedimento. Tuttavia, il caso è esemplificativo del fatto che chiunque abbia un interesse legittimo può rappresentarlo presso il legislatore. Fare lobbying significa quindi guidare le istituzioni pubbliche ad una migliore comprensione della realtà. Le aziende produttrici di cioccolata potrebbero convincere il legislatore del fatto che, se la legge che impedisce la produzione di cioccolata passasse, molte persone perderebbero il proprio posto di lavoro. Potrebbero persuadere i parlamentari che esistono prodotti più dannosi della cioccolata in grado di pregiudicare la salute dei bambini e così via. Il caso appena prospettato non costituisce reato, anche se presuppone una certa regolamentazione e trasparenza l'avvicinamento al legislatore da parte dell'azienda. Al Parlamento europeo, per esempio, esiste un registro di persone che fanno lobby per conto di aziende o associazioni e che possono chiedere un appuntamento con gli eurodeputati per esporgli la propria posizione su una legge nella più totale trasparenza. Lo stesso avviene nel mondo anglossassone, sia nel Congresso americano che nella Camera dei Comuni inglese. In Italia, purtroppo la professione del lobbista è poco nota e spesso ha assunto una connotazione negativa, dato che per lobbista si intende un affarista che tenta di aggirare la legge. Si pensi ai vari Bisignani o alle varie loggie P2 e P3 con comitati di persone che tutto vogliono tranne che motivare la legittimità dei propri interessi di fronte al legislatore.

Il lobbying non è quindi nulla di sporco. Presuppone però la maturità di un paese ad accogliere come legittimo il fatto che imprese, associazioni di categoria o qualsiasi gruppo in grado di organizzarsi possa convincere il legislatore della bontà delle proprie motivazioni in difesa di un loro interesse.
Per quanti volessero approfondire l'argomento, consiglio il libro di Fabio Bistoncini - tra i più affermati professionisti del lobbying in Italia - che con il suo Vent'anni da sporco lobbista ha descritto con impeccabile precisione cos'è la fantomatica lobby e quanto "sporco" sia il mestiere del lobbista.

AV