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giovedì 16 maggio 2013

Una farsa durata vent'anni!

Quando iniziò nel 2008 la nuova legislatura, fu chiaro sin da subito che le tanto decantate riforme, la fase costituente e le grandi promesse della campagna elettorale erano soltanto un'operazione di facciata. Oggi, a distanza di cinque anni, assistiamo allo stesso identico scenario. Al di là della populista restituzione dell'IMU, il nuovo esecutivo ha tutto il sapore di un déjà vu targato Pdl dove, al di là delle buone intenzioni del premier Letta, la sensazione di essere in una perenne campagna elettorale non sembra essere scomparsa. E così, anziché occuparsi della riduzione dei costi della politica, di dimezzamento dei parlamentari e di contributi ai partiti, ormai diventati dei feticci del movimento di Grillo, il tema della giustizia sempre prendere il sopravvento sull'agenda del governo. Perché scrivo questo? Il motivo è semplice. A distanza di 5 anni e nonostante la nuova legislatura, il paese è ancora una volta incatenato ai guai giudiziari di Berlusconi. La manifestazione di Brescia dello scorso sabato che da convention elettorale si è trasformata in attacco alla magistratura, il testo sulle intercettazioni targato Alfano, Nitto Palma alla commissione giustizia, non sono altro che delle mine sull'attuale governo. La prova provata, insomma, che più che la stabilità del paese ciò che interessa al Pdl sono le vicende giudiziarie di Berlusconi. Se nei prossimi mesi, infatti, Berlusconi venisse condannato, riforme costituzionali, impegni con l'Europa e occupazione giovanile andrebbero letteralmente a farsi friggere. Così come avvenne nel 2008, quando più della metà della legislatura venne incentrata sul tema della giustizia, rischiamo davvero che si ripetano le condizioni per perdere il tempo - ormai esaurito - necessario a ridurre lo spread finanziario, economico, sociale e lavorativo con le economie europee più sviluppate. 
Dopotutto, il ventennio "burlesquoniano" non è ancora terminato, nonostante le buone intenzioni di voltare pagina. Il fatto che quasi il 30% degli italiani abbia ancora dato fiducia al leader del centrodestra autorizza di fatto il Pdl ad usare la propria golden share sul governo Letta per sistemare gli affari del suo leader. Sarà pure una farsa il processo Ruby, ma anche nella peggiore delle farse greche vi era sempre un finale tragico! Nel nostro caso, il rischio è che Berlusconi e i suoi processi trascinino nel baratro il governo Letta e quindi l'intero paese. 
Anche perché, parliamoci chiaro, l'ipotesi della nomina a senatore a vita per risolvere i guai giudiziari del cavaliere, già teorizzata anni fa da Rino Formica, sarebbe l'ennesimo atto di una farsa che dura da vent'anni.  

martedì 16 aprile 2013

Incapacità a 5 Stelle

Nel giorno in cui gli internauti del Movimento 5 Stelle rendono noto che il loro candidato alla Presidenza della Repubblica sia l'autorevole giornalista d'inchiesta Milena Gabanelli, rivolgo a queste poche righe il mio auspicio: spero che la chimera del M5S si esaurisca quanto prima. E non tanto perché sia in disaccordo con le idee o le proposte del Movimento di Grillo. Sono in totale accordo con molti dei loro punti programmatici. D'altronde, chi può dichiararsi contrario alla riduzione del numero dei parlamentari, a un'economia sostenibile che aiuti le PMI (che ad oggi contribuiscono ai 3/4 circa dell'occupazione europea), a un ringiovanimento della classe politica e dirigente italiana? Nessuno! Tuttavia, spero che il Movimento si eclissi proprio per la manifesta incapacità dimostrata nel realizzare queste proposte. Una cosa è la teoria, altra è la pratica. Che l'onorevole (o cittadina, se preferisce) Lombardi chieda consigli su Facebook su cosa fare perché le hanno rubato il portafogli e non può rendicontare le spese sostenute nell'ultimo mese è un momento da reality show. Come se con questo eccesso di trasparenza gli italiani ci mangiassero! Ma ce lo vedete un deputato americano a scrivere ste boiate sul profilo Facebook? O un deputato tedesco che twitta, "Oggi a pranzo ho preso un piatto da 15 Euro, mentre quello meno caro costava 13. Ma era carne e io non la mangio. Che faccio? #Trasparenza"? Vomitalo! Che vuoi fare? Se la politica si riduce a "Non è la Rai" con Gianni Boncompagni-Casaleggio che suggerisce alla Ambra di turno cosa dire allora possiamo chiudere bottega. La politica è rappresentazione e come tale si basa sul principio della delega. Una delega che non può essere discussa e ridiscussa ad ogni minimo accadimento, altrimenti il sistema si appesantisce e si blocca. Una trattativa tra il PD e il Movimento sarebbe stata auspicabile per sbloccare lo stallo istituzionale e invece i grillini hanno preferito la coerenza. Con la quale il Pil italiano raddoppierà, il debito pubblico si dimezzerà ed ogni italiano avrà uno stipendio degno di questo nome. 

Consiglio. Così come la vecchia classe dirigente - Bersani e Berlusconi in primis - farebbe bene ad andare in pensione, i grillini vadano a studiare un pò di politica, di diplomazia e di principii di negoziazione. Va bene generare il dibattito su temi importantissimi del nostro malsano paese, ma a furia di dibattere e dibattere si finisce col non fare un benemerito c@%&0!  


AV  

giovedì 13 dicembre 2012

Ok a Monti premier. Ma i consensi?


Sicuramente, la strada tracciata da Mario Monti per il risanamento economico e culturale del paese è una strada irreversibile. Una strada dalla quale difficilmente, qualsiasi governo di qualsiasi colore potrà discostarsi. E le parole di oggi pronunciate da Pierluigi Bersani (unico candidato premier al momento) non fanno altro che avallare questo concetto. Insomma, che Mario Monti e il suo operato siano una risorsa per il paese, ça va sans dire. Il problema al momento pare essere un altro. La candidatura di Monti a presidente del consiglio senza un consenso tale da permettergli di tornare nuovamente a Palazzo Chigi.  Per intenderci: se è vero che al momento la candidatura di Monti è auspicata da mezza Europa, così come dai mercati finanziari e dagli stessi USA, è anche vero che al momento le forze politiche che sosterrebbero Monti non riescono a superare il 10%. Fini, Casini, Montezemolo, e ci metto pure Oscar Giannino, non hanno infatti una proposta sufficiente a contrastare la coalizione di centro-sinistra di Bersani che oggi punta al 40%. Anche se i sondaggi darebbero Monti premier al 45%, i partiti che appoggerebbero la sua candidatura viaggiano su una soglia molto più bassa. E allora? E' sufficiente il solo endorsement esterno, sia che venga dal PPE o dalla Germania? Evidentemente no. 

Queste elezioni saranno quelle dall'esito più imprevisto nella storia della seconda repubblica. Con uno spacchettamento dei vecchi partiti e nessun candidato premier se non Bersani, le macerie del ventennio si faranno sentire ancora per molto. Certo la famosa agenda Monti (incompiuta per moltissimi aspetti) può essere un punto di forza per il ritorno di Monti a Palazzo Chigi ma non può essere l'unico fattore distintivo. Ci vuole il consenso. E il consenso in democrazia passa per le urne.
Bisogna quindi attrezzarsi per trovare una proposta in grado di tradurre in consenso parlamentare quel 45% di votanti che vorrebbero il ritorno di Monti alla premiership. Due mesi alle elezioni e ancora nessuno si è attrezzato.    

AV

domenica 9 dicembre 2012

La candidatura di Berlusconi è la metafora del conservatorismo italiano

Un manifesto elettorale di Silvio Berlusconi datato 1994
Un anno fa, poco dopo l'insediamento del governo Monti, mi chiedevo se Berlusconi non stesse preparando la sua Salò . Alla luce di quanto accaduto nei giorni scorsi, mai interrogativo fu più azzeccato. In questo lungo anno di assenza, il silenzio di Berlusconi non era affatto un'uscita di scena. Del resto, il cavaliere non l'ha mai annunciata. Molti commentatori internazionali l'avrebbero data per scontata. Non è che quando un primo ministro di qualsiasi paese europeo esce di scena poi rientra dalla porta di servizio (come fa oggi Berlusconi). Schroeder, Chirac o Aznar piuttosto che Blair non potrebbero mai rientrare nell'agone politico del loro paese. Sarebbe inusuale. Lontano da quel galateo politico che non vieta a nessuno di ricandidarsi cinque, dieci o venti volte, ma che presume almeno il buon senso di non farlo. 
L'anno salvifico del professor Monti si conclude così con un retrogusto amaro, proprio a causa dei capricci del Re Sole. Un Re Sole che da vent'anni tiene in ostaggio un paese che consapevolmente si fa soggiogare dalla peggiore propaganda politica. E di propaganda soltanto si muore di fame. La rivoluzione liberale non c'è stata, la lotta alla corruzione e agli sprechi di roma ladrona, di leghista memoria, nemmeno. E nonostante ciò, Berlusconi ha ancora il coraggio di candidarsi, dimostrando di avere ancora presa sull'elettorato italiano con una campagna che si preannuncia all'insegna dell'antimontismo, del no tasse e del no Europa. All'insegna di quelle bugie e di quelle menzogne che hanno ancora la loro suggestione su una certa parte di elettorato italiano. 
Eppure, noi popolo di trasgressori, siamo la vera e propria anomalia d'Europa se pensiamo che chi diventò Presidente della Repubblica francese nel 1995, Jacques Chirac, oggi non fa più politica. Così come José María Aznar, che diventò primo ministro spagnolo nel 1996, e che oggi si occupa di tutta'altro. Andiamo poi in Inghilterra, dove Tony Blair diventato premier britannico nel 1997, mai e poi mai sognerebbe di ricandidarsi come primo ministro alle prossime elezioni. Stessa storia in Germania, altro grande paese europeo, dove Gerard Schroeder, diventato Cancelliere nel 1998, è ormai lontano dai riflettori pubblici. 
Alle prossime elezioni 2013, noi italiani, volenti o nolenti, avremo invece come candidato alla presidenza del consiglio, lo stesso uomo sceso in campo nel 1994. Il sintomo di un'Italia, ahimè, estremamente conservatrice.

AV

sabato 19 novembre 2011

Super Mario Monti

Il governo Monti durante il giuramento al Quirinale
Già battezzato sia alla Camera che al Senato, il nuovo governo è da oggi al lavoro. Quello che adesso i cittadini italiani si chiedono però è se veramente il professor Mario Monti riuscirà a governare questo paese e ad attuare le riforme necessarie ad evitare il default dell'Italia. Una domanda importante, ma la cui risposta non può che venire dal Parlamento. Sì, perchè nonostante la testa del nostro corpo istituzionale stia regalando un'ottima performance (Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio, Monti e Napolitano per intenderci), l'approvazione delle leggi è ancora affidata al Parlamento. Lo stesso Parlamento che votò a maggioranza la tesi per cui Ruby Rubacuori era la nipote di Mubarak. Lo stesso Parlamento ridotto sempre più spesso ad una latrina di urla e insulti. Proprio quel Parlamento che dovrebbe votare abolizione dei cosiddetti privilegi della casta, il taglio delle provincie, una buona legge sul conflitto di interessi, una tassa sui grossi patrimoni, la liberalizzazione di servizi e professioni, l'eliminazione di corporazioni, insomma tutto quello che servirebbe ad ammodernare l'Italia. Ce la farà proprio QUESTO Parlamento? Domanda troppo ardua. Allo stato attuale, c'è un problema di classe dirigente e politica enorme, e l'avvento di Super Mario non lo risolverà di certo. Si può andare avanti a colpi di decreti legge, decreti ministeriali o decreti legislativi? Difficile dirlo, senza una maggioranza convinta su cosa votare. Inoltre sarebbe come spogliare il Parlamento e metterlo là a fare la bella statuina. E allora? Cosa c'è di nuovo sotto il sole? Nulla o quasi. L'unica vera novità su cui possiamo contare, dati alla mano, è che non abbiamo più un governo di nani e ballerine contornato dal folklore eccentrico di fantomatici padani. Abbiamo finalmente un governo serio e degno di questo paese. Si soprendono tutti a vedere i neoministri zelanti e silenziosi, inadatti a fare smorfie o proclami da piazza. Non eravamo abituati da troppo tempo a personalità del genere. Ci sentiamo un pò come su Marte? Siamo davvero degni di un governo così? Stiamo sognando? No signori è la realtà. Nei paesi seri, i governi sono proprio così!   

AV

lunedì 13 giugno 2011

Affluenza al 57%. Vincono i cittadini ... e FB!

"Cominciamo a prendere in considerazione il fatto che è una sconfitta per il governo", dichiara Adriano Celentano intervistato nel tardo pomeriggio da Enrico Mentana nello speciale di La7 dedicato al referendum. In effetti, a detta di molti la vittoria dei sì a questa tornata referendaria è stata l'ennesima mazzata per l'attuale maggioranza dopo la sconfitta alle amministrative.
La privatizzazione dell'acqua, il ritorno alla produzione di energia nucleare e il legittimo impedimento, questi i temi su cui gli italiani sono stati chiamati a pronunciarsi attraverso un referendum abrogativo nelle giornate del 12 e 13 giugno. Quattro schede che il 57% e più degli aventi diritto al voto in Italia ha voluto prendere in mano per apporre il proprio sì contro l'energia nucleare, a favore dell'acqua pubblica e del principio che la legge è uguale per tutti.

Da anni i referendum non raggiungevano il quorum in Italia, riuscendo a superare la soglia del 50% degli aventi diritto al voto. Cosa è accaduto stavolta? Da cos'è dipesa quest'inversione di tendenza?

Anzitutto dal fatto che dal 1995 -  ultima tornata referendaria in cui il quorum è stato raggiunto - in poi i referendum hanno riguardato temi che poco importavano nell'immediato la vita delle persone. Evidentemente, il cittadino italiano ha percepito che avere una centrale nucleare dietro casa o l'acqua privatizzata costituisce un problema molto più importante della più tecnica riforma costituzionale. Altro aspetto, forse più importante, riguarda la sconfitta del governo e della persona del premier. Se non altro perché non passa il quesito referendario sul legittimo impedimento. Un tema questo fortemente legato a quello della giustizia e su cui Berlusconi ha speso oltre 3 anni del suo mandato dal punto di vista della dialettica politica. Sconfitta che se sommata al voto di Napoli e Milano delle scorse settimane non fa altro che indebolire il governo. E non a caso le prime dichiarazioni che tentano di dare il quadro di quanto complessa sia la situazione nella maggioranza arrivano dalla Lega e per bocca di una delle più autorevoli e meno berlusconiane tra le camicie verdi. A poche ore dalla chiusura delle urne, il ministro degli interni Roberto Maroni dichiara infatti seccamente al Corriere: "o si cambia o si vota".
Le percentuali di voto dei singoli quesiti referendari
Last but not least, la vittoria dei sì è la vittoria dei cittadini che tramite lo strumento di democrazia più diretto previsto dalla nostra costituzione, il referendum, sono riusciti a cambiare davvero le sorti della propria quotidianità. E ci sono anche loro, i social network, FB su tutti, che hanno generato una rete e un movimento di opinione in grado di portare alle urne anzichè in spiaggia milioni di persone. E poi ancora, il ritorno al contatto con la gente, con i comitati civici per il sì che sono impazzati da nord a sud per spiegare con volantini, sit in e porta a porta le loro ragioni alle persone. Comitati in grado di far votare anche quei fuori sede come me che non avevano la possibilità di farlo. E' bastata una semplice iscrizione ad un comitato per il sì e la nomina come rappresentante di lista per far esprimere il proprio voto a miglia di persone impossibilitate a tornare a casa per votare nel proprio seggio.

Credo che, a partire da domani, tutte queste vittorie dovranno far riflettere ognuno di noi su cosa significhi partecipazione, democrazia, avere un ambiente più pulito e sapere che la legge è uguale per tutti.

E c'è già chi la chiama una nuova primavera. Staremo a vedere.

AV

venerdì 6 agosto 2010

Osteria Montecitorio

Alcuni momenti topici della classe politica italiana
Durante il voto sulla sfiducia al sottosegretario Caliendo se ne sono viste delle belle. A poco più di due anni dalla caduta del governo Prodi, i nostri dipendenti politici continuano a trattare il Parlamento come l’osteria del porto. Chi non ricorda l’allora senatore Nino Strano con mortadella e spumante in aula alla caduta del governo di centrosinistra, pulloverino rosso sulle spalle stile passeggiata domenica sera a Taormina. Un gesto futurista. Dannunziano, forse. Cafonal, aggiungerei. “Checca squallida”, urlò al senatore Cusumano che si apprestava a votare la fiducia al governo Prodi. Mah!? Non entrerà mai più in Senato, tuonò qualcuno dell’area finiana. In Senato no, ma nella giunta regionale siciliana come assessore al turismo sì. Per non parlare del fatto che il signore abbia un procedimento penale in corso per abuso d’ufficio durante la sua attività nella gloriosa e vulcanica giunta catanese di Umberto Scapagnini.

L'altro ieri il sequel della saga. Inutili i richiami del Presidente della Camera - boni che “siamo in diretta televisiva” (chissà cosa avviene quando non lo sono). Ritegno e pudore sono ormai banditi a Montecitorio e a Palazzo Madama. L’onorevole - ovvero uomo degno di onore e di rispetto - Martinelli (Pdl) lancia all’ex collega Di Biagio (Futuro e Libertà) la tessera che i deputati usano per votare. «Merde, merde, sono delle merde...» dice prima di uscire dall’aula, rivolgendosi ai finiani. Mentre, nella foto che lo immortala qualche istante prima, pare dire: «ti faccio un culo così». Altre fonti gli attribuiscono la frase: «ti faccio un culo a tarallo». Che tenero! Daniela Santanchè, intanto, viene inquadrata mentre rientra in aula. Ha un'aria stordita. Si sistema i capelli quasi avesse ricevuto un ceffone in Transatlantico. Entra Silvio. Subito gli si avvicina il deputato leghista Gianluca Bonanno, suo collega cabarettista noto per le performance a Pomeriggio 5 (trasmissione di approfondimento dell’ignoranza di Canale 5). Gli stringe la mano con ammirazione (forse per i duetti con Apicella). Applausi. Cori da stadio. “Silvio, Silvio”, gridano i berluscones. “Duce, Duce” grida un gruppo di nostalgici. I leghisti non sono da meno. Loro che sono nati a Pontida, dove lo si ha sempre duro, inneggiano a Bossi, leader maximo della rivoluzione padana (mai rivoluzione fu così lenta a farsi). Che estasi! Per gli amanti del calcio e delle risse questa sì che è politica. Donne parlamentari (Saltamartini, Pdl) che danno pugni ad onorevoli di sesso maschile (Barbato, Idv ). Per non parlare dei vaffa e vada a farsi fottere di Vendola e D'Alema a Ballarò.
La mozione non passa. Si discute di governicchi e governi di transizione. Nasce la nuova area di responsabilità. Quella fatta dai partiti che ospitano i Cuffaro. Di quelli che invocano la moralità in politica mentre si riprendono il catanese Strano tra le proprie fila. Insomma, un vero e proprio fronte della responsabilità! 

AV

sabato 31 luglio 2010

Scene da un divorzio. Il compleanno del ministro Rotondi

Berlusconi arriva al compleanno di Rotondi

Con l'estate la qualità delle notizie tende ad essere ancora più scadente. Eppure la pubblicazione delle foto del compleanno di Gianfranco Rotondi la considero un grande colpo giornalistico. Anche perché è la sera del divorzio tra Silvio e Gianfranco, e alla festa c'è pure il premier!
Dalla scrivania del mio ufficio sfoglio l'intero catalogo di immagini. Interessante. Una festa organizzata ad arte. C’è Denis Verdini. C’è il sottosegretario Caliendo. Tutta l’associazione a delinquere di stampo politico – per dirla alla Di Pietro - e gli immancabili lacchè di corte. E poi c’è lui. Da solo. Mano nella mano con una bella mora. Mentre abbraccia Assunta Almirante e tiene in mano un libro con la foto del leader missino in copertina. Ha un viso disteso il premier, un'espressione beata, quasi angelica. Un volto placido. Di certo c'è sintonia tra i due protagonisti della foto. E questo a poche ore dal divorzio tra Silvio e l'altro storico leader del centro-destra italiano del dopo tangentopoli. E così l’istrione si fa fotografare con la signora, ben addobbata per l'occasione. Una foto. Anzi due. La prima in coppia. La seconda con il defunto marito in copertina, il quale - se interpellato - non credo sarebbe così felice nel veder associare il proprio volto a quello del Cavaliere del pietoso.
Ma la recita finisce presto e Silvio sente l'esigenza di tornare a fare quello che gli viene più naturale. Via quindi il sorriso ebete da finto bravo ragazzo. Gli ci vuole poco per rimettersi a fare il viveur. Belle donne a fianco (foto con Gabriella Giammanco); pronto a ricevere l'adulazione dei suoi dipendenti (foto con Augusto Minzolini); intento a parlar di affari (foto con Denis Verdini e Giacomo Caliendo). Insomma, scene da un divorzio.

AV

venerdì 30 luglio 2010

Bocchino, Granata, Fini e la cacciata




"Se no che fai? Mi cacci?" chiedeva Gianfranco a primavera inoltrata. La risposta arriverà solo a fine luglio, alla fine di una calda estate politica. Raccolta la provocazione ecco la cacciata. D'altronde, Gianfranco non ha mai perso occasione per parlar male della divinitá del centro-destra. Durante un premio dedicato a Paolo Borsellino, fu addirittura sorpreso a bisbigliare ad un magistrato che Silvio confondeva la leadership con la monarchia assoluta. Era novembre del 2009. Da allora in poi si doveva cercare una strategia, un modo per defenestrare lo scomodo parruccone ed eterno numero due. Nessun divorzio consensuale ma un atto politico unilaterale. Dopo la scenata di fronte alle telecamere, Silvio mette le valigie di Gianfranco fuori dalla porta. Lo ha mal sopportato, lo ha odiato. Proprio lui che ha fondato il partito dell'amore. pare abbia detto "non voglio piú sentir parlare di lui". Ma si sa lui è capriccioso come i bimbi, come un Luigi XIV che si sollazza tra cortigiane e lacché, dal Brasile a Villa Certosa.

Che giornata, il 29 luglio! Lui che delle regole se ne è sempre fregato consuma l'atto finale della vicenda nella cornice delle regole di partito, deferendo ai probi viri i sanculotti Bocchino, Granata e Bricolo. Sembrava una categoria tanto invisa al Cavaliere quella del giustizialismo ed invece ecco spuntare i togati di partito. Con Vittorio Mathieu – da non confondere con l’attore comico Walter Matthau – uomo sospettato di avere legami con la massoneriara, che in qualità di membro del collegio dei probi viri del Pdl si appresterà a giudicare i tre malcapitati. Ne viene fuori che chi pone la questione della legalitá é fuori dai giochi. Che i potenziali disonesti – Verdini, Caliendo e Cosentino – restano dentro ai giochi, mentre il ruolo dell’arbitro viene affidato ad un signore come Mathieu. Sembra la metafora di quello che accade nella nostra societá. Il furbo la fa franca.

I tre vengono cacciati perché hanno espresso posizioni incompatibili con quelle del partito. "Quali?", chiede Bianca Berlinguer a Maurizio Gasparri a Linea Notte. "Per esempio sull’immigrazione", risponde lui in quella che sembra un’imitazione dell’imitazione di Neri Marcoré. Bene. Ne prendiamo atto. Fini&co vanno cacciati perché hanno dissentito anzitutto sulle posizioni della maggioranza in tema di immigrazione. Nessun accenno sul fatto che da mesi parlassero di fare un pó di pulizia nella casetta delle libertà.

Ed ecco l'epilogo. I partiti personalizzati, i vertici politici ad Arcore, i Topolanek e i Blair in visita in Sardegna, Palazzo Grazioli trasformato in Palazzo Chigi. I soldi, il potere, il dominio dei mezzi di informazione, il patto col diavolo e il linguaggio di Pubblitalia in politica. Un cocktail che ci ha spiazzato tutti, probi e non. Tutti noi sapevamo che il dopo Berlusconi sarebbe stato lungo e travagliato. Quella di ieri é solo la prima puntata di una lunga stagione. Molti parlano dell’alba di una Terza Repubblica, altri di un’Italia nuova. Ma il restyling di un prodotto, che in fondo è rimasto lo stesso, é solo una strategia da supermercato. Per governare un paese ci vuole ben altro.

AV