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sabato 5 maggio 2012

Miseria e gattopardi

L'ora è giunta. Il tanto atteso momento del rinnovo di tante amministrazioni locali è infatti imminente. Eppure queste elezioni saranno molto diverse rispetto a quelle cui abbiamo assistito finora. Anzitutto perchè questa tornata elettorale segna il crollo delle formazioni partitiche tradizionali. Mai si è visto infatti un proliferare di liste civiche dove i partiti stanno al traino. Trucchetti elettorali per non metterci la faccia vista la cattiva fama di cui godono le formazioni partitiche? Può darsi. Ma c'è anche un'altra ragione a mio avviso. Esiste infatti l'esigenza di interpretare la politica al di là degli schieramenti. I partiti sono ormai etichette che poco si prestano ad interpretare la società contemporanea. Cosa divide un cittadino di sinistra o di centro da uno di destra se tutti e tre sono capaci e in grado di amministrare la propria città? Nulla! Assolutamente nulla! E a livello nazionale, la risposta cui la stessa politica non ha saputo dare risposta si chiama Governo Monti, dove centro, destra e sinistra stanno assieme per evitare il fallimento dello stato italiano. 

E' possibile un governo di salute pubblica anche per le amministrazioni locali? Non solo è possibile ma è doveroso. Senza partigianeria ed estremismi, le forze più produttive e intelligenti di ogni città dovrebbero infatti unirsi e spendersi per il proprio territorio. Ma per farlo bisogna evitare la demagogia, il populismo e soprattutto il vecchio vizietto del clientelismo. Un esercizio, quello di rinuncia al clientelismo e al voto di scambio, che deve partire prima di tutto dai cittadini-elettori. E' difficile, specialmente nel meridione d'Italia, non chiedere ad un politico un posto di lavoro, una licenza per aprire un panificio, una visita medica o la spesa per un mese. Eppure, queste sono richieste da miseria, richieste che fa e soddisfa chi vuole vivere nella miseria. Bisogna invece chiedere a colui che votiamo di creare lavoro e le condizioni per lavorare e non il semplice tozzo di pane che dura da Natale a Santo Stefano. Bisogna chiedere contratti e non lavoro in nero. Bisogna chiedere una città più pulita e non sporca e sudicia. Bisogna aprirsi ad accogliere turisti presentando il posto in cui si vive con orgoglio. Bisogna lasciare amministrare chi non usa o userebbe soldi pubblici per mettere su la propria baracca. Giocare con il lavoro o con la salute dei cittadini, costringendoli a votarti in cambio di lavoro o prestazioni sanitarie gratuite è infatti quanto di più miserabile un popolo possa sopportare. E purtroppo questo e' uno spaccato del meridione d'Italia. E' lo spaccato di una regione come la Sicilia, che ha subito l'umiliazione di vedere amministrata la sua terra da due presidenti indagati e arrestati (è il caso di Cuffaro) per reati gravissimi. E' la fotografia delle prossime elezioni comunali dove il rischio che cambi tutto per non cambiare nulla, come ci ricorda Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo Gattopardo, è sempre dietro l'angolo. 

Buon voto a tutti!

AV

venerdì 3 settembre 2010

Se Dalla Chiesa ...

L'auto del generale Dalla Chiesa dopo l'attentato
Se a suo tempo Dalla Chiesa avesse ricevuto il supporto dello Stato. Se gli uomini che hanno combattuto questo cancro che da anni divora la mia terra avessero avuto dalla loro parte anche lo Stato. Se le istituzioni che a parole dicevano di voler sconfiggere la mafia avessero davvero supportato con i fatti quelle parole. Se la classe dirigente siciliana non fosse stata talmente debole da cedere alle lusinghe della piovra, diventando collusa. Se la morte dei miei eroi fosse davvero servita a vincere la guerra. Se quella guerra fosse stata davvero dichiarata dallo Stato e non solo da un gruppo sparuto di uomini, veri e propri servitori di questa terra. Se quella guerra fosse davvero stata vinta. Se anni ed anni di soprusi, miseria e paura fossero davvero stati troppi. Se qualcuno avesse avuto a cuore il bene di questa terra di Sicilia. Se molti miei conterranei non avessero voltato le spalle al loro popolo in nome del potere, del denaro e dell’avidità. Se la ragion di stato fosse stata boicottata in nome della ragione del popolo. Se quelle mani insanguinate non fossero state manovrate da menti lucide e ciniche. Se la politica non si fosse così putidamente collusa. Se almeno la voce della gente e della sofferenza fosse stata ascoltata. Se questa non si fosse piegata al loro volere. Se l’intero popolo siciliano non avesse avuto paura. Se le pallottole e i fiumi di sangue per le strade della Trinacria non avessero fermato tutti noi. Se lo stato avesse chiesto scusa. Se molta più gente si fosse indignata. Se tutto questo fosse avvenuto oggi commemoreremmo con meno ipocrisia Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie, Emanuela Setti Carraro, e l’agente di scorta, Domenico Russo, barbaramente uccisi alle ore 21.15 del 3 settembre del 1982, in via Isidoro Carini, a Palermo. Li ricorderemmo come davvero meriterebbero. Con rispetto. 
« [...] ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per potere continuare a guardare serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei propri figli. C’è troppa gente onesta, tanta gente qualunque, che ha fiducia in me. Non posso deluderla. »
Mangano è il vostro eroe. Dalla Chiesa il nostro.

AV