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giovedì 22 marzo 2012

La nuova costituzione ungherese non piace alla giustizia europea.

Dopo l’approvazione della nuova costituzione da parte del Parlamento ungherese lo scorso 30 dicembre, la Commissione europea decide il 17 gennaio di aprire tre procedure d’infrazione per altrettanti provvedimenti contenuti nella riforma costituzionale. Budapest risponde entro i 30 giorni previsti. Il 7 marzo Bruxelles decide di continuare l’iter di due delle tre procedure d’infrazione. Adesso, il governo ungherese ha altri 30 giorni di tempo prima che la Commissione deferisca alla Corte di Giustizia europea il paese governato da Viktor Orbán.

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martedì 20 settembre 2011

La crisi europea dei debiti? Siamo governati da inetti!

Caricature: Trichet, Sarkozy, Berlusconi, Merkel e Barroso


Il rischio default per la Grecia sembra aleggiare sempre più come uno spettro sul vecchio continente. Uno spettro simile a quello che per secoli ha caratterizzato la vita dell'Europa, scrivendo le pagine più buie che la storia dell'uomo ricordi. Se la Grecia dovesse fallire, e con essa Italia e Spagna, e se vi fosse la scellerata possibilità del crollo dell'euro, credo che potremmo dichiarare non soltanto il fallimento economico ma anche quello morale del nostro continente. Un fallimento la cui responsabilità ricadrebbe come un macigno sulle nuove generazioni. Verrebbe da chiedersi cosa sarebbe l'Europa senza l'euro. Ma bisogna anche domandarsi, cosa sarebbe l'euro senza l'Europa. L'Europa della BCE e delle finanze senza un'Europa politica è pura follia, è scelleratezza, è la genesi di quanto stiamo vivendo oggi. Un governo di tecnocrati non più in grado di fermare la speculazione dei mercati messa in azione dalle agenzie di rating e che avanza minacciosa, come un tempo facevano i tank nazisti. 

C'è chi sta lanciando in queste ore l'idea degli eurobond - tra cui l'ex presidente della Commissione europea Jacques Delors, come dichiarato in un'illuminante intervista pubblicata su corriere.it. Eppure, l'Europa continua a mostrare il suo fianco scoperto. Forse nemmeno gli eurobond potrebbero bastare se i mercati continueranno ad oscillare così vistosamente come hanno fatto nelle ultime settimane. Il fatto è che qui non si tratta più di debiti pubblici, di spread tra titoli di stato e Bund tedeschi che si allarga o di cattiva gestione della macchina comunitaria. Il fianco scoperto dell'Europa è ormai l'attuale classe politica che governa l'intero continente, a cominciare dal nostro presidente del consiglio. Cinica, impreparata e sostanzialmente debole, giorno dopo giorno la nostra classe dirigente europea sta consegnando alla speculazione finanziaria, l'intera Europa, stato per stato. 

Duole dirlo, ma da Parigi, a Berlino, passando per Roma e Madrid, siamo governati da inetti. Difficilmente usciremo dal perverso tunnel della speculazione in cui ci siamo cacciati con questi tizi qua!

AV

lunedì 11 luglio 2011

E' ufficiale: siamo sotto attacco!

I ministri delle Finanze di Italia, Spagna e Germania alla riunione dell'Eurogruppo di oggi a Bruxelles.
















"La forza militare non conta piú. Hedge fund ed agenzie di rating prendono il posto di panzer e baionette. A determinare ascesa e caduta di uno stato è la salute dei suoi conti". 

Queste parole sono state scritte poco più di un anno fa in un post da me pubblicato in occasione della crisi del debito greco (leggi il post). Oggi che la speculazione dei mercati finanziari sta colpendo Italia e Spagna quelle parole sembrano risaltare con ancora più forza agli occhi di chi le legge. La parola attacco, mutuata dal linguaggio bellico, domina ormai la realtà dei mercati. Un campo di battaglia nel quale si delinea in maniera netta la possibile ascesa e caduta di uno stato o di un sistema di stati come l'Unione Europea. 

Con l'entrata nel mirino delle famose agenzie di rating di stati come Italia e Spagna (la terza e la quarta rispettivamente economia dell'eurozona) ci troviamo di fronte ad un gioco - quello della speculazione - potenzialmente in grado di far saltare la moneta unica e quindi di destabilizzare l'intera economia continentale, se non mondiale. I gravissimi rischi che corriamo in queste ore non sono infatti legati al semplice ribasso dei nostri titoli di stato, il cui spread rispetto ai Bund tedeschi ha toccato oggi i 280 punti per l'Italia e i 300 per la Spagna. I gravi rischi su cui tutti devono interrogarsi riguardano anzitutto la possibilità che il default  del nostro paese o dei cugini iberici possa tirarsi dietro l'intero continente e quindi decenni di integrazione economica e monetaria. Infatti, se questa macelleria finanziaria dovesse continuare l'euro potrebbe essere davvero a rischio. Di fronte a tutto ciò e al di là degli errori commessi dalle pigre economie dell'Europa mediterranea, in grado di generare solo spesa pubblica, crescita bassa ed elevati tassi di corruzione, l'Europa non può assolutamente permettersi di perdere la moneta unica. 

Sappiamo bene che è necessario un mea culpa. Che i fautori di questo stato di cose sono sistemi sociali e politici molto diversi dai virtuosi stati del nord Europa. Tuttavia, permettere che il fianco scoperto del debito pubblico possa lasciar gioco facile a chi semplicemente alzando una cornetta fa andare giù a picco interi mercati è davvero troppo. Soltanto oggi, Milano ha perso quasi il 4%, e questo nonostante le dichiarazioni rassicuranti fatte oggi dalla cancelliera Angela Merkel sulla nostra manovra finanziaria, in discussione in questi giorni in Parlamento. 

Ora, al di là dei festeggiamenti di rito, nei 150 anni di questa nazione il vero regalo sarebbe poche parole e molti fatti. Il silenzio di questi giorni del nostro premier sembra andare nella giusta direzione. Vediamo quanto dura. 

AV