Finalmente anche in Italia hanno imparato a fare le primarie. Non che le primarie di oggi del centro-sinistra assomiglino, anche minimamente, a quelle degli Stati Uniti, ma almeno si è trattato di una consultazione meno farsa rispetto alle precedenti edizioni. Sicuramente, di strada ce ne ancora da fare. Ciò che però è certo è che il Partito Democratico ha sdoganato una tendenza tipica della democrazia partecipativa.
Ora, si può tacciare il PD di qualsiasi colpa, di inciuci, di non aver fatto nulla o poco contro Berlusconi, di aver chiuso un occhio sul conflitto di interessi, di non saper scegliere tra Casini o Vendola. Tuttavia, un grande merito va riconosciuto al partito di Bersani: il grande esercizio di democrazia dimostrato in tutti questi anni. Il primo esercizio è quello di aver rifiutato l'idea di partito personale, in un'Italia fatta di partiti personali. Il secondo è quello di aver scelto la strada del governo Monti, laddove l'andare a nuove elezioni avrebbe visto con quasi certezza la vittoria di una coalizione di centro-sinistra. Infine, il terzo esercizio di democrazia è quello cui abbiamo assistito in questi giorni ovvero le primarie. Certo, se non ci fosse stato l'outsider Renzi, forse non avrebbero avuto il successo e l'attenzione ricevuti. Ma indipendentemente dai candidati e dai risultati, bisogna riconoscere al PD un diritto, quello di essere stato, in questa difficile stagione politica, un partito degno del suo nome: democratico appunto.
AV
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