mercoledì 25 settembre 2013

"Me vais a tener que enseñar lo de internet"

In via del tutto eccezionale, per gli amici di Intermón Oxfam, questo post è scritto in spagnolo.

Cuando hace casi 3 años, en Oriente Próximo y en los países norteafricanos se empezó a propagar la primavera árabe, casi de inmediato el debate se enfocó sobre el papel jugado por internet en esas protestas. Con un mensaje de esperanza para aquellos que desean cambiar cosas inmudables, las rebeliones se difundían rápidamente desde Túnez hasta Libia, Egipto y Siria. Era el grito de dolor de mucha gente mezclado con el entusiasmo de millones de jóvenes privados de cualquier futuro en su propio país. Ahora, que internet y sobre todo las redes sociales hayan tenido un rol importante durante la Revolución democrática árabe nadie lo puede negar.
Desde luego, los acontecimientos en los países árabes han mostrado el poder de una entera generación para generar caídas de gobiernos y cambios de regímenes a través el uso de las nuevas herramientas informáticas. ¿Qué significa esto para los jóvenes del siglo XXI, jóvenes cuya forma de pensar ya no tiene las peligrosas barreras del pasado? Estoy convencido de que ya vamos por la justa dirección. Lo único que ahora le falta a nuestra generación, después de una primera fase de experimentación con redes sociales e internet, es el salto de calidad: la capacidad de transformar la comunicación en la web en acción.

Foros de debate como la Social Good Summit, celebrada en el Media Lab Prado de Madrid el 24 y 25 de septiembre, nos pueden ayudar a entender como las redes sociales pueden convertirse en acciones para el cambio. Como bien ha escrito Zinnia Quirós de Intermón Oxfam en El País “somos lageneración conectada y cambiaremos el mundo”. Me gustaría poder añadir que más allá de la generación conectada somos también la generación del entusiasmo, y la forma en la que funcionan las redes sociales lo demuestran todo. Es un entusiasmo capaz de contagiar incluso a las viejas generaciones, si es verdad que una de las sesiones más importantes de la Social Good Summit ha sido inaugurada con las palabras de una madre a su hija: “hija, me vais a tener que enseñar lo de internet porque tengo muchas cosas que decir”.



Estoy convencido que sin entusiasmo nunca se hubiese llegado a las revueltas de Plaza Tahrir, ni siquiera el pensar en quitarle el poder a jefes de estado considerados por muchos como intocables. Sin embargo, es verdad que el entusiasmo que hay detrás de cada tweet y detrás de cada post por el cambio es lo que necesitamos en una época tan llena de desigualdades como esta.



AV

martedì 28 maggio 2013

La politica degli scontrini fa flop!

Sui grandi temi economici e politici è sicuramente molto più facile la presa populista. Annunciare l'uscita dall'euro, il taglio dei finanziamenti ai partiti o la riduzione degli stipendi parlamentari può far gola ad un elettorato chiamato a decidere sul governo dell'intero paese. Ma sul governo delle città questo tipo di comunicazione non fa presa. Ecco perché per il Movimento 5 Stelle, senza una vera e propria emergenza in corso, era davvero difficile, se non impossibile, vincere le consultazioni
Il caso Pizzarotti a Parma è la prova di quanto appena detto. Laddove ci sono delle emergenze in corso il movimento di Grillo riesce infatti a stravincere, magari esasperando la descrizione di una realtà politica tutt'altro che onesta. Il risultato di ieri è invece la controprova che se le realtà locali richiedono semplicemente più contatto con il territorio, gestione immediata delle emergenze e risposte concrete, Grillo non vince. Dire che tutti hanno rubato non aiuta affatto ad amministrare un comune. Onestà e trasparenza sono sicuramente fattori importanti per gestire la cosa pubblica ma vanno tradotti in azione. Ecco perché i proclami populisti non hanno fatto presa sulle città chiamate al voto. Nemmeno sulla complicata Roma. 


Insomma, se non c'è un termovalorizzatore di mezzo, una TAV da distruggere, l'uscita dall'euro o una casta da bacchettare, Grillo perde. Se a questo ci aggiungiamo l'atteggiamento tenuto dal movimento dopo il voto di febbraio e durante l'elezione del capo dello stato, è comprensibile come i proclami di Grillo tali restano per gli elettori. Gli italiani sono davvero stanchi della politica cialtrona, sia di quella in stile ancien régime che di quella targata 2.0. Se i grillini non iniziano a negoziare e mettere in pratica quanto hanno detto di fare, il primo ragionamento dell'elettore italiano sarà: perché dovrei smettere di votare i vecchi politici se questi non fanno altro che parlare di scontrini? Come dargli torto.

AV

domenica 19 maggio 2013

UE e U.S.A.: la grande partnership commerciale

Il più grande accordo mai realizzato dall’Unione europea con un altro paese


I negoziati inizieranno quest’estate in coincidenza con altri importanti appuntamenti della diplomazia internazionale ed europea come il G8 di Lough Erne, nell’Irlanda del Nord, e il Consiglio europeo di giugno.

L’obiettivo è quello di concludere i negoziati prima dell’ottobre 2014, ma gli esperti assicurano che l’accordo non entrerà in vigore prima del 2016. Data l’importanza di questa partnership, infatti, i governi europei e statunitense insieme ai principali gruppi di pressione internazionali potrebbero rimanere impegnati nelle trattative per i prossimi due anni.

l commercio tra Stati Uniti ed Europa rappresenta ad oggi un terzo di ... continua su glieuros.eu

giovedì 16 maggio 2013

Una farsa durata vent'anni!

Quando iniziò nel 2008 la nuova legislatura, fu chiaro sin da subito che le tanto decantate riforme, la fase costituente e le grandi promesse della campagna elettorale erano soltanto un'operazione di facciata. Oggi, a distanza di cinque anni, assistiamo allo stesso identico scenario. Al di là della populista restituzione dell'IMU, il nuovo esecutivo ha tutto il sapore di un déjà vu targato Pdl dove, al di là delle buone intenzioni del premier Letta, la sensazione di essere in una perenne campagna elettorale non sembra essere scomparsa. E così, anziché occuparsi della riduzione dei costi della politica, di dimezzamento dei parlamentari e di contributi ai partiti, ormai diventati dei feticci del movimento di Grillo, il tema della giustizia sempre prendere il sopravvento sull'agenda del governo. Perché scrivo questo? Il motivo è semplice. A distanza di 5 anni e nonostante la nuova legislatura, il paese è ancora una volta incatenato ai guai giudiziari di Berlusconi. La manifestazione di Brescia dello scorso sabato che da convention elettorale si è trasformata in attacco alla magistratura, il testo sulle intercettazioni targato Alfano, Nitto Palma alla commissione giustizia, non sono altro che delle mine sull'attuale governo. La prova provata, insomma, che più che la stabilità del paese ciò che interessa al Pdl sono le vicende giudiziarie di Berlusconi. Se nei prossimi mesi, infatti, Berlusconi venisse condannato, riforme costituzionali, impegni con l'Europa e occupazione giovanile andrebbero letteralmente a farsi friggere. Così come avvenne nel 2008, quando più della metà della legislatura venne incentrata sul tema della giustizia, rischiamo davvero che si ripetano le condizioni per perdere il tempo - ormai esaurito - necessario a ridurre lo spread finanziario, economico, sociale e lavorativo con le economie europee più sviluppate. 
Dopotutto, il ventennio "burlesquoniano" non è ancora terminato, nonostante le buone intenzioni di voltare pagina. Il fatto che quasi il 30% degli italiani abbia ancora dato fiducia al leader del centrodestra autorizza di fatto il Pdl ad usare la propria golden share sul governo Letta per sistemare gli affari del suo leader. Sarà pure una farsa il processo Ruby, ma anche nella peggiore delle farse greche vi era sempre un finale tragico! Nel nostro caso, il rischio è che Berlusconi e i suoi processi trascinino nel baratro il governo Letta e quindi l'intero paese. 
Anche perché, parliamoci chiaro, l'ipotesi della nomina a senatore a vita per risolvere i guai giudiziari del cavaliere, già teorizzata anni fa da Rino Formica, sarebbe l'ennesimo atto di una farsa che dura da vent'anni.  

martedì 7 maggio 2013

Il potere logora chi non ce l'ha

"Il potere logora chi non ce l'ha". Forse è la più celebre tra le tanti frasi maturate nei 94 anni di vita del Divo, se non la frase che racchiude l'essenza di un personaggio così controverso. E d'altronde di quel potere che logora gli altri, Giulio Andreotti ne ha avuto abbastanza: padre costituente, sette volte presidente del consiglio, ventidue volte ministro della repubblica. Con un curriculum come questo non sorprende affatto che i principali siti di informazione stranieri abbiano dedicato quest'oggi almeno un pezzo alla sua figura. Segno questo, che chi è venuto a mancare in data 6 maggio 2013 è ed è stato un pezzo della storia d'Italia. 


Inutile negare che da sempre luci ed ombre si sono addensati sulla figura di Giulio Andreotti, anche se su queste ultime è davvero difficile proporre una valutazione finale e oggettiva. I presunti rapporti con la mafia, il fitto sistema di potere della DC negli anni della prima repubblica, e poi l'omicidio Pecorelli e i rapporti con Sindona e Licio Gelli. Ci sono atti ufficiali che forse aiuterebbero a chiarire queste zone. Ma uno statista come Andreotti va anzitutto ricordato per le sue luci. Ha portato l'Italia nel sistema atlantico (anche se su questo ho una mia personale teoria) e a far parte di un blocco di potere internazionale che ha caratterizzato tutto il dopoguerra fino alla caduta del muro di Berlino. Espressione di una cultura politica, quella della DC, di forte ispirazione europeista, che ha unificato e ricostruito il paese dopo le macerie lasciate dal fascismo, Andreotti rappresenta comunque i 40 anni della nostra storia nazionale in cui siamo cresciuti come paese.
Avrebbe potuto fare di più? Forse. La scarsa cultura democratica nel modo di prendere le decisioni che contraddistingue da sempre la politica italiana può darsi che abbia portato a scelte sbagliate con conseguenze sbagliate sull'Italia che sarebbe venuta negli anni '90. Mi riferisco al debito pubblico italiano di cui molti attribuiscono la creazione alla Democrazia Cristiana.
Ma tra debito pubblico e scarsa cultura di democrazia partecipata, per dirla come Cirino Pomicino, solo chi fa qualcosa sbaglia. Chi non fa niente di sbagli non ne commette nemmeno uno. Ai posteri l'ardua sentenza!


AV

martedì 16 aprile 2013

Incapacità a 5 Stelle

Nel giorno in cui gli internauti del Movimento 5 Stelle rendono noto che il loro candidato alla Presidenza della Repubblica sia l'autorevole giornalista d'inchiesta Milena Gabanelli, rivolgo a queste poche righe il mio auspicio: spero che la chimera del M5S si esaurisca quanto prima. E non tanto perché sia in disaccordo con le idee o le proposte del Movimento di Grillo. Sono in totale accordo con molti dei loro punti programmatici. D'altronde, chi può dichiararsi contrario alla riduzione del numero dei parlamentari, a un'economia sostenibile che aiuti le PMI (che ad oggi contribuiscono ai 3/4 circa dell'occupazione europea), a un ringiovanimento della classe politica e dirigente italiana? Nessuno! Tuttavia, spero che il Movimento si eclissi proprio per la manifesta incapacità dimostrata nel realizzare queste proposte. Una cosa è la teoria, altra è la pratica. Che l'onorevole (o cittadina, se preferisce) Lombardi chieda consigli su Facebook su cosa fare perché le hanno rubato il portafogli e non può rendicontare le spese sostenute nell'ultimo mese è un momento da reality show. Come se con questo eccesso di trasparenza gli italiani ci mangiassero! Ma ce lo vedete un deputato americano a scrivere ste boiate sul profilo Facebook? O un deputato tedesco che twitta, "Oggi a pranzo ho preso un piatto da 15 Euro, mentre quello meno caro costava 13. Ma era carne e io non la mangio. Che faccio? #Trasparenza"? Vomitalo! Che vuoi fare? Se la politica si riduce a "Non è la Rai" con Gianni Boncompagni-Casaleggio che suggerisce alla Ambra di turno cosa dire allora possiamo chiudere bottega. La politica è rappresentazione e come tale si basa sul principio della delega. Una delega che non può essere discussa e ridiscussa ad ogni minimo accadimento, altrimenti il sistema si appesantisce e si blocca. Una trattativa tra il PD e il Movimento sarebbe stata auspicabile per sbloccare lo stallo istituzionale e invece i grillini hanno preferito la coerenza. Con la quale il Pil italiano raddoppierà, il debito pubblico si dimezzerà ed ogni italiano avrà uno stipendio degno di questo nome. 

Consiglio. Così come la vecchia classe dirigente - Bersani e Berlusconi in primis - farebbe bene ad andare in pensione, i grillini vadano a studiare un pò di politica, di diplomazia e di principii di negoziazione. Va bene generare il dibattito su temi importantissimi del nostro malsano paese, ma a furia di dibattere e dibattere si finisce col non fare un benemerito c@%&0!  


AV  

martedì 9 aprile 2013

La corresponsabilità a 5 Stelle

Lo stallo politico e in parte istituzionale nel quale si trova a galleggiare l'Italia da settimane è purtroppo il sintomo di un paese incapace di riformarsi. Già con il governo Monti - nato proprio con lo scopo di "fare le riforme" - era emersa con vigore la voglia di non voler cambiare proprio nulla, nonostante l'oggettiva necessità di farlo. D'altronde, l'aria che tira da anni è molto gattopardiana: promettere di cambiare tutto per non cambiare un bel niente. Alla faccia del cambiamento!

Ecco gli uomini che hanno in mano il destino dell'Italia
Ho sentito dire che nemmeno negli anni del pentapartito è stato così difficile formare un governo. Eppure, va detto che il paese di oggi non è quello degli anni '80. La società italiana è fondamentalmente spaccata e attraversata da tensioni che a tutto spingono tranne che all'unità. Per la prima volta, la maggioranza della popolazione anziché veder migliorare il proprio tenore di vita lo vede peggiorare. Stando così le cose, non è affatto facile assolvere chi ha condotto il paese al disastro in cui siamo. Tuttavia, mi chiedo: è poi così difficile e impossibile perdonare? E' così aberrante mettere assieme le proprie forze per far uscire l'Italia dal pantano economico, sociale e istituzionale in cui l'abbiamo gettata? Non c'è forse una certa corresponsabilità tra tutti quelli che siedono adesso in Parlamento? Cosa facevano i grillini quando non stavano a Montecitorio? Si astenevano proprio tutti? Proprio tutti votavano partiti che non hanno mai avuto ruoli di governo negli ultimi vent'anni? E i suoi elettori? Si tratta di circa otto milioni di italiani.
Nessuno ha mai votato Berlusconi o il partito di Bersani? Sono dell'idea che i cittadini-elettori sono tanto responsabili quanto i partiti nella cattiva gestione della cosa pubblica. Ieri come oggi! 
Capisco che dopo tante delusioni sia difficile ridare fiducia a qualcuno. Ma è altrettanto vero che il rancore non aiuta a nessuno. 

Il Movimento 5 Stelle, il Pd e il Pdl hanno in mano le chiavi per riaccendere il motore di questo paese. Il M5S provi a costruire dentro di sè la cultura della responsabilità di governo e delle istituzioni, evitando ipotesi come la formazione di commissioni parlamentari dove non si sa chi è maggioranza e chi è opposizione. Gli altri due partiti, invece, avendo dato nel corso degli anni scarsa prova di buon governo dovrebbero azzerare le proprie classi dirigenti e mettere in campo volti e pensieri nuovi. Che Bersani insista ancora sull'incarico di governo e Berlusconi voglia ancora sedere al tavolo delle trattative è oggettivamente inaccettabile.


AV 

giovedì 3 gennaio 2013

L'araba fenice: è l'ora del PD?

A poco più di un mese dal voto si delineano, anche se con enorme ritardo, i profili dei partiti e delle coalizioni che si presenteranno alle elezioni.

L'ARABA FENICE

Centro-sinistra (PD + SEL + Socialisti). Candidato premier: Pier Luigi Bersani.

Dopo le deludenti performance del Partito Democratico durante gli anni del governo Berlusconi, Pierluigi Bersani è stato in grado di far risorgere il partito dalle ceneri, riconquistando poco a poco la fiducia degli elettori. Una rimonta sicuramente aiutata dallo spirito di lealtà e responsabilità dimostrato durante l'esperienza del governo Monti, ma anche dagli errori del passato. 
In una fase difficile per l'Italia, caratterizzata da crisi economica, antipolitica e governi tecnici, Bersani ha dimostrato grande tenacia nel tenere assieme il PD, che molti davano per spacciato, costruendo un'immagine di sè responsabile e e in grado di unire.
Fondamentale il passaggio dalle primarie e lo scontro con Renzi, prova questa di un costruttivo spirito di dialettica interna, che ha definitivamente scongiurato l'idea di un PD litigioso e pronto a spaccarsi. Sapendo coniugare le varie anime del partito, Bersani ha inoltre dimostrato credibilità di fronte al suo elettorato, ispirando quindi fiducia come possibile leader. Strategica la scelta di isolare Di Pietro, tenendo invece con sè Nichi Vendola. Buono anche lo smarcamento da una possibile alleanza con i centristi di Casini, il cui risultato sarebbe stato una perdita di identità e soprattutto di voti.
Uno dei nodi più insidiosi è però la scarsa argomentazione e forse poca chiarezza su alcuni temi fondamentali come: riforma del lavoro, liberalizzazioni e diritti civili. Altra insidia prima del voto è anche quella di saper effettivamente amalgamare le anime più radicali della coalizione alla Vendola e Fassina con quelle più centriste e moderate come Enrico Letta. Qualche dichiarazione fuori posto dei primi due potrebbe infatti insidiare l'unità del gruppo e rievocare l'incubo Unione del 2006. Per evitare questi rischi sono necessari un programma forte e chiaro, un leader deciso e una vittoria certa sia alla Camera che al Senato.
Ottimo il presidio costruito nel corso degli anni sui social network (notevole il canale YouTube) così come lo slogan "L'Italia Giusta", con una bella foto del candidato premier che appare molto più deciso e sicuro rispetto ai manifesti in bianco e nero e maniche di camicia di due anni fa, sicuramente più adatte a un cimitero (vedi il confronto sotto). La presenza sui mezzi di comunicazione tradizionali è un pò scarsa, anche se, per non bruciare troppi colpi a più di un mese dal voto, le media relations del candidato premier potrebbero riservare qualche sorpresa nelle battute finali.
Geniale l'invito a pranzo a Renzi (era ora!). Il gesto interpreta lo spirito di cambiamento chiesto da molti nel corso delle primarie, in grado di soddisfare l'anima giovane dei democratici. Un pò come Barack Obama ed Hillary Clinton nel 2008, seppellite le asce di guerra, i due uomini delle primarie si rimettono assieme per vincere ed insidiare il terreno elettorale moderato. Ottima la scelta di tenere lontano dai riflettori i vecchi e ingombranti uomini di partito che hanno invece fatto perdere consensi e credibilità al PD. Sempre ottima la scelta di candidare Piero Grasso, che diventa simbolo di legalità e antimafia, anche se non intaccherà più di tanto il parco voti di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. 
Consiglio: dare più l'idea di essere un movimento, oltre che una forza politica istituzionale e seria, creando eventi all'aperto e in grado di abbracciare la società civile. Attenzione infine a gestire il listino e ai nomi che ci finiranno dentro. L'insidia dei dinosauri di partito è sempre dietro l'angolo e in grado di minare il buon risultato ottenuto finora. Proprio da quei dinosauri sono venuti fuori i guai giudiziari di Lusi, Penati e Tedesco. 

Intenzioni di voto

Partito Democratico 33%
Sinistra Ecologia e Libertà: 6%
Altri di centro-sinistra: 3%

Totale coalizione: 42%

Fonte: Istituto Piepoli 

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Confronto tra un manifesto PD del 2011 e l'attuale manifesto per le elezioni 2013
AV