In un interessante articolo pubblicato qualche giorno fa sul Washington Post, l'ex segretario di stato americano Henry Kissinger suggerisce di neutralizzare l'Ucraina, ipotizzando una relazione tra Kiev e Mosca simile a quella che la Finlandia intrattiene da anni con la Russia: dentro l'Unione Europea da un lato ma per nulla ostile al vicino russo dall'altro. Un'ipotesi interessante quella di Kissinger, anche se le dimensioni geografiche, demografiche ed energetiche di Kiev non sono comparabili con quelle di Helsinki.
E' però inutile negare che per storia, cultura e lingua l'Ucraina non può essere né europea né russa. L'errore di fondo fatto finora da tutti gli attori di questo potenziale conflitto è invece quello di aver pensato all'Ucraina come ad un feudo da annettere ora all'Europa ora alla Russia, senza comprendere che un simile atteggiamento non farebbe altro che balcanizzare il conflitto, aggravandone la situazione.
A partire da questo "peccato originale", che Bruxelles, Washington e il Cremlino si portano dietro, ci sono altri tre aspetti che vanno considerati nella questione ucraina.
1) LUI: ILLEGALITA' INTERNAZIONALE
Al di là del fatto che quanto avvenuto ieri, dal punto di vista internazionale, assomiglia all'Anschluss (l'annessione dell'Austria alla Germania nazista) del 1938 di hitleriana memoria, più che all'indipendenza del Kosovo dalla Serbia del 2008, la questione della legittimità del referendum non è la leva su cui possono fare forza i governi occidentali. Sotto il profilo della legalità internazionale, infatti, il governo attualmente in carica in Ucraina, e appoggiato da Europa e USA, ha ben poco di legittimo. Dalla presa del potere, alla destituzione forzata dell'ex presidente Viktor Yanukovic, fino alla nascita di un esecutivo dove i ministri di Difesa, Agricoltura, Risorse Naturali e il vice premier appartengo al partito filonazista Svoboda, il nuovo governo ucraino è - al pari dell'annessione della Crimea da parte della Russia - al limite della legalità internazionale.
2) LEI: GLI INTERESSI ECONOMICI EUROPEI
Mentre le cancellerie europee continuano a dichiarare illegale l'annessione della Crimea, questa crisi internazionale non sta alterando per nulla il business tra le economie occidentali e la Russia. E' notizia di oggi che i russi di Rosneft, il più grande colosso energetico al mondo, il cui 70% appartiene al governo di Mosca, sono entrati in Pirelli con il 13%. Così come non è un mistero che la commessa di due portaerei che la Francia sta per vendere alla Russia non verrà minimamente intaccata dalla crisi ucraina. Ed è sempre notizia di oggi che la tedesca RWE, la seconda utility della Germania, ha venduto una sua controllata fortemente indebitata al miliardario russo Mikhail Friedman per 5,1 miliardi di euro.
3) L'ALTRO: LA PARTITA RUSSIA-USA
Più che all'Europa, il potenziale conflitto sembra strettamente collegato alla politica estera americana in Iran e all'impossibilità degli USA di entrare in azione un anno fa in Siria. Non è un mistero che il veto di Putin ad attaccare il regime di Bashar al-Assad ha di fatto rallentato la marcia americana su Damasco, lasciando Obama con le mani legate in merito al conflitto siriano. C'è poi la questione del ritiro americano dall'Afghanistan. Washington non può inimicarsi Mosca perchè il territorio russo è strategico per la ritirata delle truppe americane dal paese centro asiatico. Per non parlare degli interessi economici che gli USA vantano in Russia. Un aspetto questo, per il quale non converrebbe nemmeno a Putin un surriscaldamento della situazione in Crimea.
Farebbero bene a tener conto di tutti questi fattori le diplomazie di Russia (lui), Europa (lei) e USA (l'altro) prima di andare in giro per conferenze stampe a raccontare mezze verità.
AV
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