domenica 26 dicembre 2010

AUGURI SCOMODI

Su suggerimento di un caro amico pubblico degli auguri scomodi. In questi giorni di festa è facile abbandonarsi alla retorica e alle banalità più scontate. L'autore di queste parole, quanto mai attuali, è l'indimenticato Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta morto nel 1993. Buona lettura e auguri!

Auguri scomodi

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.

Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.

Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali

e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora,

vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.

E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

Tonino Bello

lunedì 13 dicembre 2010

Il sacrificio della patria nostra è consumato

Raffello - La Giustizia (1508). Musei Vaticani
Cos'è accaduto? Beh, cos'è accaduto ce lo diranno i posteri. Saranno loro a dirci quanto in mala o in buona fede è stata la rottura nei confronti dell'attuale maggioranza parlamentare portata avanti da Gianfranco Fini. Adesso siamo alla fase successiva, anche se è un film già visto, per certi versi. Non sono passati nemmeno tre anni da quando pazientemente con carta e penna seguivo in tv il dibattito sulla fiducia al governo Prodi a Palazzo Madama. Carta e penna sui quali annotavo i sì e i no. Una conta sul filo del rasoio. Oggi come ieri, la storia si ripete. Quei tre, quattro, sette stronzi di turno ci sono ancora. Cambiano i nomi, ma la sostanza resta. Eppure, da Giolitti in poi la nostra è una storia di trasformisti e cambiacasacca. Una storia ispirata al proverbiale "zoccu diciunu a matina n'agghiorna a sira", quello che dicono di mattina la sera stessa non conta più. E così anche domani il sacrificio della patria nostra sarà consumato. Impensabile che a distanza di nemmeno tre anni la maggioranza più grande della storia repubblicana faccia la stessa fine che ieri fece la maggioranza più striminzata dal dopoguerra in poi. Voti col contagoccia e patema d'animo per i cittadini, gli unici in apprensione mentre il paese va a puttane.

Se l'Italia fosse un paese normale, così come tre anni fa uscì di scena colui che ha caratterizzato la storia del centro-sinistra durante la seconda repubblica - Romano Prodi - allo stesso modo domani dovrà uscire di scena colui che ha caratterizzato la storia politica del centro-destra nello stesso arco temporale. Un'uscita di scena doverosa, visto il fallimento come statista - quale Berlusconi si proponeva di essere - e come leader politico. Al di là del conto giudiziario, è giunto dunque il tempo di presentare il conto politico al detrattore del centro-destra italiano. Purtroppo però, essendo l'Italia lo stesso paese che ha consentito ad un uomo plurindagato di governare per ben tre volte, la normalità in politica non è invocabile. Per domani, Berlusconi farà di tutto per ottenere la fiducia. Anche se striminzita. Avrà così la sua vittoria di Pirro, sport preferito dai peggiori statisti della storia. Finalmente, schiaffeggierà l'eretico Fini e tutti quelli che hanno provato a togliergli la poltrona da sotto il sedere. Quella poltrona diventata da troppo tempo il suo unico e vero scudo giudiziario.

In realtà, Berlusconi fuori dalla scena politica, come sarebbe normale a 16 anni dal famoso annuncio "per un nuovo miracolo italiano", è  un gallo senza cresta. Ma soprattutto, un Berlusconi  fuori dalle istituzioni del nostro paese è un Berlusconi nelle aule di tribunale. E il voto di domani non farà che confermarlo. Quella di domani non è una fiducia sul governo, ma sulla persona. Solo della persona importa. Tutto il resto è contorno, direbbe qualcuno. Tutti sanno che il buen retiro che lo aspetta non si chiama Arcore ma San Vittore. Tutti sanno che lo stare in politica gli consente di stare sopra la legge, come dimostrano le quaranta e più leggi vergogna ad personam. Se domani incasserà quella risicata fiducia, l'indagato Berlusconi ci trascinerà per l'ennesima volta nell'ennesimo referendum sulla sua persona in cui ha trasformato le campagne elettorali dal '94 in poi: con me o contro di me. Un referendum che invece andrebbe letto come "o mi mandate in parlamento o finisco dietro le sbarre", e che solo un analfabeta non sarebbe in grado di leggere ed iterpretare così.

Da domani può cambiare la storia. Potrà esserci irrealisticamente una nuova Hammamet. Stavolta ad Antigua. Più verosimilmente potrà esserci un Berlusconi quater alle idi di marzo. Oppure, potrà esserci una nuova Piazzale Loreto meno vergognosa, da tenersi nelle aule dei tribunali. L'unico vero strumento rimasto per ripristinare democrazia e legalità in questo paese. 

AV

venerdì 10 dicembre 2010

Diario della Crisi. 4^ Puntata - Crisi finanziaria e d'immagine

Richiesta di dimissioni dell’On. Razzi da parlamentare in seguito al suo passaggio dall’IDV al centrodestra

A richiesta degli interessati e in seguito al mercato delle vacche e della latrina in cui si è trasformato il nostro un tempo onorabile Parlamento, pubblico il seguente documento.

“Siamo certi che i tantissimi militanti e sostenitori dell’Italia dei Valori all’estero insieme al proprio disgusto per il passaggio di Razzi alla coalizione berlusconiana, confermano il proprio convinto sostegno ad Antonio Di Pietro per la coraggiosa e doverosa battaglia che l’IDV conduce in parlamento da sempre con linearita’ e chiarezza unica.Un’opposizione da sempre senza se e senza ma per un’Italia migliore. La lettera scritta da Razzi e diretta ad Antonio Di Pietro per spiegare il suo abbandono e’ ricca di rancori mascherati da vittimismo. Cio’ che resta inspiegato, guarda caso, e’ il suo passaggio con Berlusconi. Se Razzi intende votare la fiducia al governo o astenersi il 14 dicembre, gli chiediamo di avere la decenza di dimettersi da parlamentare. C’e’ un singolo italiano eletto all'estero che abbia votato Razzi, candidato dell'Italia dei Valori, pensando che lui un giorno avrebbe potuto sostenere un governo guidato da Silvio Berlusconi? Siamo davanti ad un caso di totale tradimento della fiducia dell’elettorato, fatto gravissimo di cui Razzi si dovrebbe solo vergognare.”

Manfredi Nulli
Resp “I Giovani e l’Europa” Dipartimento lavoro-Welfare 
IDV Londra

Massimo Bernacconi
International Officer 
IDV Bruxelles
9/12/2010

venerdì 3 dicembre 2010

GRAZIE MAESTRO!

Può darsi che il gesto del suicidio rimanga una questione irrisolta, specie per i cattolici. Tuttavia, questo non può dare a nessuno il diritto di oscurare completamente la figura di Mario Monicelli. Un maestro del cinema italiano che tanto ci ha regalato e tanto ha dato alla nostra amata Italia. Eppure, in questi giorni di lutto per il cinema italiano, il viziaccio maledetto è tornato: buttarla in politica. Mi chiedo come si possa commentare la morte di un grande del cinema dovendo affrontare per forza il delicato tema del suicidio. Ma soprattuto, mi chiedo quale sia il filo logico che consente di passare dal dibattito sul suicidio a quello sull'eutanasia. Come si fa, nei giorni in cui dovremmo ricordare chi ha dipinto vizi e viziacci della nostra penisola in maniera così pittoresca, rispolverare la terribile canzone Canto per la Vita, cantata qualche anno fa dagli stonati Bondi, La Russa e Castagnetti? Come si  può di fronte alla morte di uno dei pilastri della cultura italiana contemporanea? Come!? Eppure è successo. Radicali e pro eutanasia da una parte, cattolici e pro vita dall'altra. Il tutto in assenza del vero oggetto del dibattito: il maestro. Tuttavia, questi sciacalli non sono figli unici. Sono convinto che la politica sia lo specchio della società. E anche stavolta me ne è stata data la conferma.

Due giorni fa in occasione di un concerto organizzato dall'Istituto di Cultura Italiana di Istanbul a Gaziantep, in Turchia, ho chiesto ad uno dei presenti se non fosse stato il caso di omaggiare il maestro, dedicandogli una canzone. Il signore con accento romano mi risponde di no. "Perchè?", chiedo stupito. Si tratta di Monicelli mica di Neri Parenti, con tutto il rispetto. "Macchè, quello è morto suicida!" mi risponde. "E che c'entra?". "Pavarotti è stato du anni nel letto prima de morì. Ha scelto de rimanere e soffrire". "E Monicelli ha scelto di morire", rispondo io, "Non vedo qual'è il problema!". "Eh no! Perchè questi sono gesti che poi a gente imita. Gli artisti devono dare il buon esempio e comportarsi di conseguenza". Come dice Santa Romana Chiesa, avrebbe aggiunto se non lo avessi interrotto dicendogli: "guardi che l'arte è laica". 

Che la politica affronti la morte di un grande del cinema italiano con riferimento al gesto estremo, dividendosi come al solito tra guelfi e ghibellini, non mi sorprende. D'altronde, noi siamo il paese in cui ci si divide su tutto. 

Aspettiamoci nel futuro schieramenti opposti su tutto. Nella vuotezza della politica e della società stiamo ancora a creare inutili squadre. Non escluderei che nel futuro ci si divida seriamente in Parlamento tra chi vuole mettere la cipolla nella carbonara e chi no.

Insomma, la vita e la morte di Monicelli non possono essere oscurate da quel gesto. Nemmeno per un attimo. Bastava solo un semplice grazie maestro. Ma anche qui il paese ha fallito.

AV

Diario della Crisi. 3^ Puntata - Il caso Wikileaks