Pisapia anticristo, Napoli ai femminielli e ai trans, le zingaropoli, La Mecca dei gay, Milano Stalingrado d'Italia. Tranquilli, non è il turpiloquio o il delirio di un folle, ma soltanto il linguaggio deciso dal centro-destra per le campagne elettorali di Napoli e Milano. La capitale del sud e quella del nord si sono infatti ritrovate a diventare due luoghi importanti anche per i precari equilibri politici della nazione. Berlusconi stesso aveva trasformato la tornata elettorale appena conclusasi in un referendum sulla sua persona. Ma non è solo questo ad aver fatto di queste due città dei luoghi essenziali per decretare la vittoria ora di questo ora di quello schiaremento. Le problematiche che affliggono da tempo le due città come rifiuti, criminalità organizzata, viabilità, immigrazione e inquinamento, sono infatti fattori da non sottovalutare. E tuttavia, il modo con cui si è deciso di rispondere alle esigenze, o problemi che dir si voglia, di queste grandi città è stato il forse malriuscito tentativo di imbastardire il linguaggio politico con atteggiamenti e codici che vanno dalle squallide manifestazioni fuori dai tribunali per difendere ora questo ora quell'interesse, fino alle inesattezze tirate fuori dal cilindro più per macchiare l'immagine dell'avversario che ad onor del vero.
Detto ciò, si comprende bene come il centro-destra abbia potuto perdere le elezioni al primo turno. Un sindaco uscente che perde, come ha fatto a Milano la Moratti, o il fallimento palese di una classe dirigente (come quello che riguarda il centro-sinistra a Napoli) che non riesce a far trionfare l'altra parte politica (il Pdl di Cosentino), sono infatti segnali che qualcosa non ha funzionato, al di là del risultato finale del 30/05.
Adesso, a freddo, viene spontaneo chiedersi a chi abbia giovato quello squallore verbale. Sicuramente al deserto di idee che circonda chi decide un approccio di questo genere alla politica, oltre a chi intende seguire l'avversario in questa scelta. Va inoltre fatta un'altra domanda: la gente è stanca di questo linguaggio? Forse un pò lo è. Lo dimostra il voto di Milano che ha portato al ballottaggio un Pisapia - magari carente dal punto di vista dell'esperienza amministrativa - ma comunque in grado di minare la credibilità dell'operato del sindaco di una città che, oltre ad essere la città di Silvio Berlusconi, è anche il simbolo dell'asse Lega-Pdl e di questo governo. Lo dimostra anche Napoli dove l'outsider De Magistris riesce a giocarsi la partita del ballottaggio, laddove le due alternative erano la continuità con la gestione Bassolino/Iervolino oppure quella di un partito il cui presidente deliberatamente annunciava lo stop alle ruspe per l'abbattimento di case abusive, in quella che è la patria dell'abusivismo: «Domani nel mio incontro con i cittadini di Napoli farò vedere che ho pronto il provvedimento che sospenderà gli abbattimenti delle case» (Berlusconi, Radio Kiss Kiss Napoli, 12/5/2011).
Ora che il centro-sinistra è rimontato dopo anni di sconfitte, sembra facile gridare al lupo al lupo, agitando lo spauracchio delle zingaropoli, dei femminielli e dei comunisti al governo. L'onere della prova spetterebbe a chi ha governato per quasi un decennio il paese sia nelle amministrazioni locali che nel governo centrale. Va dimostrato di aver fatto meglio di queste ipotetiche zingaropoli e Stalingrado d'Italia. Il problema è che non sembrano esistere esempi virtuosi da opporre, da Roma a Paternò (tanto per citarne una).