Sono appena andato a VOTARE SI per dire NO a un'idea di sviluppo sbagliata, preistorica e controproducente per un territorio come quello italiano. Dalle Alpi a Pantelleria, nessuno dovrebbe esimersi dal sacrosanto diritto di dire la propria per difendere la bellezza di questa Italia stupenda, culla di civiltà e di progresso per secoli. Quest'idea per cui solo 8 regioni sarebbero coinvolte dal referendum cui siamo chiamati a votare è una balla colossale. Le coste italiane sono di tutti e il territorio italiano appartiene a tutti: milanesi, romani, trentini o bolognesi. Tutti siamo coinvolti.
Oggi si va a votare per dire NO a concessioni ad libitum e sine die per l'estrazione di petrolio a meno di 12 miglia (20 km) dalle coste. Giusto e sacrosanto diritto il mio, e quello di quanti hanno a cuore il proprio territorio, dire no all'aumento di probabilità che disastri ambientali diano un colpo di accetta alle bellissime coste italiane e al loro turismo. E in nome di cosa? 100, 200 o 1000 posti di lavoro nel settore e di tante montagne di profitti per le compagnie petrolifere? Non credo ne valga la pena.
I tanto osannati paesi del nord del mondo subiscono da anni disastri ambientali di ogni sorta. Solo per citarne alcuni: mercurio, selenio e arsenico riversati nei laghi Polley e Quesnel in Canada (2014); la petroliera cipriota che nel 2007 riversò al largo di Bergen, in Norvegia, 350 tonnellate di greggio; o il recente caso di Flint, negli Stati Uniti, dove la popolazione locale ha per mesi bevuto acqua spacciata per potabile, mentre invece era contaminata da piombo.
Concludo con l'ormai celebre frase del Principe di Abu Dhabi, che dimostra quanto preistorica sia la visione di sviluppo della classe dirigente italiana: "Quando l'ultimo barile di petrolio verrà estratto, noi festeggeremo!". E noi?
AV