lunedì 13 dicembre 2010

Il sacrificio della patria nostra è consumato

Raffello - La Giustizia (1508). Musei Vaticani
Cos'è accaduto? Beh, cos'è accaduto ce lo diranno i posteri. Saranno loro a dirci quanto in mala o in buona fede è stata la rottura nei confronti dell'attuale maggioranza parlamentare portata avanti da Gianfranco Fini. Adesso siamo alla fase successiva, anche se è un film già visto, per certi versi. Non sono passati nemmeno tre anni da quando pazientemente con carta e penna seguivo in tv il dibattito sulla fiducia al governo Prodi a Palazzo Madama. Carta e penna sui quali annotavo i sì e i no. Una conta sul filo del rasoio. Oggi come ieri, la storia si ripete. Quei tre, quattro, sette stronzi di turno ci sono ancora. Cambiano i nomi, ma la sostanza resta. Eppure, da Giolitti in poi la nostra è una storia di trasformisti e cambiacasacca. Una storia ispirata al proverbiale "zoccu diciunu a matina n'agghiorna a sira", quello che dicono di mattina la sera stessa non conta più. E così anche domani il sacrificio della patria nostra sarà consumato. Impensabile che a distanza di nemmeno tre anni la maggioranza più grande della storia repubblicana faccia la stessa fine che ieri fece la maggioranza più striminzata dal dopoguerra in poi. Voti col contagoccia e patema d'animo per i cittadini, gli unici in apprensione mentre il paese va a puttane.

Se l'Italia fosse un paese normale, così come tre anni fa uscì di scena colui che ha caratterizzato la storia del centro-sinistra durante la seconda repubblica - Romano Prodi - allo stesso modo domani dovrà uscire di scena colui che ha caratterizzato la storia politica del centro-destra nello stesso arco temporale. Un'uscita di scena doverosa, visto il fallimento come statista - quale Berlusconi si proponeva di essere - e come leader politico. Al di là del conto giudiziario, è giunto dunque il tempo di presentare il conto politico al detrattore del centro-destra italiano. Purtroppo però, essendo l'Italia lo stesso paese che ha consentito ad un uomo plurindagato di governare per ben tre volte, la normalità in politica non è invocabile. Per domani, Berlusconi farà di tutto per ottenere la fiducia. Anche se striminzita. Avrà così la sua vittoria di Pirro, sport preferito dai peggiori statisti della storia. Finalmente, schiaffeggierà l'eretico Fini e tutti quelli che hanno provato a togliergli la poltrona da sotto il sedere. Quella poltrona diventata da troppo tempo il suo unico e vero scudo giudiziario.

In realtà, Berlusconi fuori dalla scena politica, come sarebbe normale a 16 anni dal famoso annuncio "per un nuovo miracolo italiano", è  un gallo senza cresta. Ma soprattutto, un Berlusconi  fuori dalle istituzioni del nostro paese è un Berlusconi nelle aule di tribunale. E il voto di domani non farà che confermarlo. Quella di domani non è una fiducia sul governo, ma sulla persona. Solo della persona importa. Tutto il resto è contorno, direbbe qualcuno. Tutti sanno che il buen retiro che lo aspetta non si chiama Arcore ma San Vittore. Tutti sanno che lo stare in politica gli consente di stare sopra la legge, come dimostrano le quaranta e più leggi vergogna ad personam. Se domani incasserà quella risicata fiducia, l'indagato Berlusconi ci trascinerà per l'ennesima volta nell'ennesimo referendum sulla sua persona in cui ha trasformato le campagne elettorali dal '94 in poi: con me o contro di me. Un referendum che invece andrebbe letto come "o mi mandate in parlamento o finisco dietro le sbarre", e che solo un analfabeta non sarebbe in grado di leggere ed iterpretare così.

Da domani può cambiare la storia. Potrà esserci irrealisticamente una nuova Hammamet. Stavolta ad Antigua. Più verosimilmente potrà esserci un Berlusconi quater alle idi di marzo. Oppure, potrà esserci una nuova Piazzale Loreto meno vergognosa, da tenersi nelle aule dei tribunali. L'unico vero strumento rimasto per ripristinare democrazia e legalità in questo paese. 

AV

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