"Se no che fai? Mi cacci?" chiedeva Gianfranco a primavera inoltrata. La risposta arriverà solo a fine luglio, alla fine di una calda estate politica. Raccolta la provocazione ecco la cacciata. D'altronde, Gianfranco non ha mai perso occasione per parlar male della divinitá del centro-destra. Durante un premio dedicato a Paolo Borsellino, fu addirittura sorpreso a bisbigliare ad un magistrato che Silvio confondeva la leadership con la monarchia assoluta. Era novembre del 2009. Da allora in poi si doveva cercare una strategia, un modo per defenestrare lo scomodo parruccone ed eterno numero due. Nessun divorzio consensuale ma un atto politico unilaterale. Dopo la scenata di fronte alle telecamere, Silvio mette le valigie di Gianfranco fuori dalla porta. Lo ha mal sopportato, lo ha odiato. Proprio lui che ha fondato il partito dell'amore. pare abbia detto "non voglio piú sentir parlare di lui". Ma si sa lui è capriccioso come i bimbi, come un Luigi XIV che si sollazza tra cortigiane e lacché, dal Brasile a Villa Certosa.
Che giornata, il 29 luglio! Lui che delle regole se ne è sempre fregato consuma l'atto finale della vicenda nella cornice delle regole di partito, deferendo ai probi viri i sanculotti Bocchino, Granata e Bricolo. Sembrava una categoria tanto invisa al Cavaliere quella del giustizialismo ed invece ecco spuntare i togati di partito. Con Vittorio Mathieu – da non confondere con l’attore comico Walter Matthau – uomo sospettato di avere legami con la massoneriara, che in qualità di membro del collegio dei probi viri del Pdl si appresterà a giudicare i tre malcapitati. Ne viene fuori che chi pone la questione della legalitá é fuori dai giochi. Che i potenziali disonesti – Verdini, Caliendo e Cosentino – restano dentro ai giochi, mentre il ruolo dell’arbitro viene affidato ad un signore come Mathieu. Sembra la metafora di quello che accade nella nostra societá. Il furbo la fa franca.
I tre vengono cacciati perché hanno espresso posizioni incompatibili con quelle del partito. "Quali?", chiede Bianca Berlinguer a Maurizio Gasparri a Linea Notte. "Per esempio sull’immigrazione", risponde lui in quella che sembra un’imitazione dell’imitazione di Neri Marcoré. Bene. Ne prendiamo atto. Fini&co vanno cacciati perché hanno dissentito anzitutto sulle posizioni della maggioranza in tema di immigrazione. Nessun accenno sul fatto che da mesi parlassero di fare un pó di pulizia nella casetta delle libertà.
Ed ecco l'epilogo. I partiti personalizzati, i vertici politici ad Arcore, i Topolanek e i Blair in visita in Sardegna, Palazzo Grazioli trasformato in Palazzo Chigi. I soldi, il potere, il dominio dei mezzi di informazione, il patto col diavolo e il linguaggio di Pubblitalia in politica. Un cocktail che ci ha spiazzato tutti, probi e non. Tutti noi sapevamo che il dopo Berlusconi sarebbe stato lungo e travagliato. Quella di ieri é solo la prima puntata di una lunga stagione. Molti parlano dell’alba di una Terza Repubblica, altri di un’Italia nuova. Ma il restyling di un prodotto, che in fondo è rimasto lo stesso, é solo una strategia da supermercato. Per governare un paese ci vuole ben altro.
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